Sempre più sarde rinunciano al lavoro per seguire i figli

Sonia

Sempre più sarde rinunciano al lavoro per seguire i figli

mercoledì 30 Gennaio 2019 - 06:12
Sempre più sarde rinunciano al lavoro per seguire i figli

655 donne ma anche 135 uomini nel 2018, soprattutto fasce deboli

Hai un figlio. E lasci il lavoro. In Sardegna è successo nel 2017 a 592 donne e 90 uomini. E, nel 2018, a 655 donne e 135 uomini. Questo raccontano i dati aggiornati del ministero del Lavoro: i numeri sono quelli diffusi dall’Ispettorato interregionale e riguardano le dimissioni volontarie per maternità. In tutto 1.472 addetti nel biennio che lasciano il posto: e l’84% sono donne. «La questione delle dimissioni volontarie per maternità – spiega la consigliera regionale di parità, Maria Tiziana Putzolu – è un fenomeno carsico, lento e progressivo, che mette alle corde le famiglie quando devono fare i conti con il lavoro e la cura dei figli. Un fenomeno difficilmente osservabile nella dinamica quotidiana». L’identikit della lavoratrice che lascia il lavoro tra il 2017 e il 2018? Le età sono comprese soprattutto tra i 34 e i 44 anni (552) e tra i 29 e 34 anni (425). La nazionalità? Italiana, ma si intravede già un numero di lavoratrici di origine straniera. La maggior parte lavora nell’impresa da non più di tre anni (691), ma un altro piccolo esercito da oltre tre anni fino a dieci (467). Il tipo di lavoro? Operaia (711) e impiegata (511) nel settore terziario (1.086), in particolare nel commercio (262) e nei servizi di alloggio e ristorazione (218), nella sanità e nell’assistenza sociale (146) e con un contratto part-time (796). Prevalentemente ha un solo figlio di neppure un anno (898), dichiara di dover lasciare il posto per le difficoltà a conciliare il lavoro con la cura del piccolo per ragioni legate all’azienda in 522 casi e in 501 per ragioni legate ai servizi di cura. In aumento anche gli uomini costretti a mollare a seguito della paternità. Nel 2016 erano stati 80, nel 2017 sono diventati 90 e nel 2018 sono arrivati a 135, con un profilo generale che segue quello delle lavoratici madri. «È di tutta evidenza – sottolinea Putzolu – che chi lascia il lavoro per ragioni legate al lieto evento sono lavoratrici e lavoratori di fascia reddituale abbastanza bassa, considerato che lavorano spesso con un contratto part-time in settori produttivi assai fragili, come nel caso del piccolo commercio, la ristorazione o nell’assistenza sociale». Il danno per le lavoratrici e i lavoratori e per tutta la società sarda è irreversibile. «Il lavoro che si è lasciato è un lavoro che non viene mai ritrovato dalla stessa lavoratrice – denuncia la Consigliera di parità – la quale spesso rinuncia ed esce definitivamente dal mercato». Da una breve indagine svolta in questi giorni dall’Ufficio della Consigliera regionale risulta che chi si rivolge ai servizi scolastici privati sia per le materne che per le elementari, le più gettonate dai genitori per via dell’offerta di servizi di accoglienza, mensa e doposcuola per due bambini da ‘sistemare’ durante l’orario di lavoro di uno o entrambi, è necessario sborsare non meno di 700 euro al mese. Una cifra che spesso è più alta della stessa retribuzione della lavoratrice con un profilo come quello di chi si dimette volontariamente.

«È assolutamente urgente – sottolinea Putzolu – mettere in campo politiche del lavoro che tengano conto di queste particolari specificità legate alle caratteristiche dei lavori, sempre più deboli e più poveri».

Stefano Ambu

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