Giobbe Covatta e Enzo Jacchetti “Matti da slegare”

Sonia

Giobbe Covatta e Enzo Jacchetti “Matti da slegare”

sabato 23 Aprile 2016 - 06:00
Giobbe Covatta e Enzo Jacchetti “Matti da slegare”

Covatta e Jacchetti in Matti da slegare (© foto S.Novellu)

La commedia diretta da Gioele Dix chiude in bellezza la stagione di Prosa del Cedac 2016 all’Eliseo

Matti da slegare, commedia diretta da Gioele Dix, affronta in maniera leggera e con la giusta dose di sagace ironia un tema scottante come quello delle malattie mentali, e lo fa senza cedere alla retorica o al pietismo riuscendo a far emergere una storia ben tratteggiata, calata alla perfezione nella personalità artistica dei due protagonisti, Giobbe Covatta e Enzo Jacchetti.

Due ore e mezzo di botta e risposta, cambi di scena, personaggi di contorno (Irene Serini e Gisella Szaniszló) che condiscono con sapienza la trama di una storia architettata attraverso i sentimenti dell’amicizia, dell’affetto, della comprensione e, soprattutto, della paura.

Covatta e Jacchetti in Matti da slegare (© foto S.Novellu)

La scena si apre con l’interno bianco candido di un istituto psichiatrico dove Elia (Jacchetti) e Giovanni (Covatta) hanno trascorso diversi anni e dove sono diventati amici inseparabili. Dopo un percorso in istituto vengono mandati a vivere da soli a spese del sistema sanitario in un appartamento messo a disposizione dal Comune. Qui dovranno dimostrare di saper badare a se stessi e di potersi reinserire nella società.

Una volta a casa propria, i due si dividono i compiti: Elia baderà alla casa mentre Giovanni farà la spesa e si dedicherà alla cucina. La convivenza è l’occasione che farà riemergere le storie personali di entrambi, le loro manie, le loro fragilità e soprattutto la fobia di affrontare il mondo esterno.

Elia ha vissuto tutta la vita a stretto contatto con la madre, rimasta vedova subito dopo averlo dato alla luce. Con lei si è creato un rapporto quasi morboso e alla sua morte lui si ritroverà completamente perso e del tutto incapace di prendersi cura di sé. Durante la convivenza con Giovanni emergerà che il non essersi mai confrontato con l’altro da sé da una parte gli ha permesso di sviluppare l’immaginazione (che eserciterà raccontando storie inventate al suo compagno di avventure) dall’altra ha creato in lui ansia e incertezza, disturbi che gli impediranno di compiere azioni apparentemente semplici come ad esempio rispondere al telefono.

Giovanni, invece, è un uomo rude, impulsivo e passionale, fissato con il cibo e il sesso (che non ha mai avuto modo di sperimentare), vittima di una madre alcolizzata e di un padre violento che lo hanno costretto a una vita di frustrazioni e soprusi, rendendolo incapace di affrontare le difficoltà della vita, due presenze ingombranti, due ombre che lui, dopo, tenterà inutilmente di cancellare dalla propria vita.

Alla fine Elia e Giovanni, grazie anche all’aiuto di Franci, l’assistente sociale, riusciranno a “slegarsi” dalle proprie fobie e, soprattutto, dalla propria paura del mondo esterno, Elia attraverso la poesia e la forza evocativa della parola mentre Giovanni, per puro caso, scoprirà l’amore per una donna e il gusto di poter essere utile agli altri dedicando loro tutto se stesso.

La catarsi dei due, dunque, avviene attraverso un percorso di crescita formativa che passa attraverso l’arte e l’amore, due elementi che consentiranno loro di assaporare finalmente una vita piena e felice.

Con Matti da slegare cala il sipario sulla Stagione di Prosa 2016 organizzata dal Cedac al teatro Eliseo di Nuoro.

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