Trident Juncture. Zedda: Teulada come Guantanamo

Sonia

Trident Juncture. Zedda: Teulada come Guantanamo

sabato 31 Ottobre 2015 - 09:09
Trident Juncture. Zedda: Teulada come Guantanamo

aereo militare

La Sardegna sia un’isola di pace e non una terra di basi e bombe

In occasione della manifestazione in programma oggi a Cagliari, per chiedere l’interruzione dell’operazione Trident Juncture, la maxi esercitazione in atto – la più grande dal Dopoguerra – , l’esponente dei Rossomori (che parteciperà alla manifestazione) sollecita ad alta voce che la Sardegna sia un’isola di pace e non una terra di basi e bombe.

«Quello delle esercitazioni belliche è il nostro comparto di eccellenza – sottolinea Zedda -, l’unico settore in cui noi sardi siamo davvero all’avanguardia, in Europa e nel mondo.

In questi giorni l’operazione Trident Juncture ce ne dà una chiara dimostrazione: centinaia di unità terrestri, aeree e navali, decine di navi da combattimento, centinaia di aerei militari, tra i quali cacciabombardieri nucleari, carri armati, bombe, laser, missili anticarro, e migliaia di soldati che si allenano alla guerra su una delle zone più belle (ma non più incontaminate) della nostra amatissima isola. Tutto questo, dice la NATO, per sostenere “operazioni al di fuori del territorio dell’Alleanza”.

Nel contempo, a Elmas, tra gli aerei ed gli sbigottiti passeggeri  che si avviano all’imbarco, fanno  capolino i  pallet carichi delle bombe che una fabbrica sarda costruisce e destina alla vendita.

Produzione, sperimentazione ed esportazione. Che orgoglio!

In realtà, ironia a parte,  la Sardegna ha davvero un disperato bisogno di coltivare quelle poche speranze di sfuggire al declino economico ed alla povertà che già la stringe tra le sue morse, e minaccia di stringerla sempre con più forza.  E la prospettiva militare non è la salvezza. Almeno non quella che noi abbiamo immaginato, voluto  e pianificato. I nostri progetti (ma anche quelli dei principali analisti economici)  sono altri e ci chiedono altre cose. Nell’immediato futuro: il potenziamento delle produzioni agroalimentari, dell’energia pulita e del turismo, prima di tutto. E l’aumento del livello medio di istruzione.

Su questo progetto, basato sulla qualità della vita, sulla conservazione del territorio  e sulla genuinità dei suoi prodotti abbiamo scommesso. Questa è l’immagine e la sostanza del futuro che desideriamo per i sardi e per la Sardegna.  Se invece dovessero passare un’altra immagine, ed un’altra sostanza,   quelle che in questi giorni i quotidiani e le tv stanno sbandierando al mondo,  di una terra succube del potere alieno, capitale della speculazione bellica, dell’inquinamento da esplosivi e da metalli pesanti,  allora le speranze di vincere la nostra scommessa sarebbero davvero ridotte a un lumicino.

E noi – conclude Zedda – non vogliamo cadere nelle braccia della miseria e dell’abbandono. Né chiediamo il presidio  di un fortino intoccabile, inespugnabile ed alieno, come è da tanti anni  Guantanamo per Cuba, simbolo amaro e perpetuo della nostra incapacità di costruire il nostro futuro, anziché lasciarcelo cadere sulla testa.

La Sardegna, per questo, deve far sentire la sua voce e dire chiaramente qual è la sua volontà, quale il suo progetto di futuro. Non per il prossimo mese, per il prossimo anno o il prossimo lustro, ma per il prossimo secolo. E con voce ferma, senza inutili urla, ripetere, giorno dopo giorno, ciò che le spetta di diritto. E se non basta, agire di conseguenza, con determinazione e senza paura».

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