Processo Dore. Rocca: «sono vittima di un processo ingiusto»

Sonia

Processo Dore. Rocca: «sono vittima di un processo ingiusto»

martedì 10 Febbraio 2015 - 18:18
Processo Dore. Rocca: «sono vittima di un processo ingiusto»

Francesco Rocca, durante l'udienza odierna (© Cronache Nuoresi)

Francesco Rocca, durante l'udienza odierna (© Cronache Nuoresi)

Francesco Rocca, durante l’udienza odierna (© foto Cronache Nuoresi)

L’imputato, visibilmente provato, rinvia a domani il confronto con il Pubblico Ministero

Questo pomeriggio, la Corte d’Assise di Nuoro ha deciso di portare avanti il processo nonostante la ricusazione di Francesco Rocca, che ha affermato di non sentirsi per niente tutelato dalla giustizia nuorese.

In attesa che la Corte D’appello si pronunci, sul fatto di accettare o meno l’istanza dell’imputato, domani il processo riprenderà alle 9.30 con il PM Danilo Tronci che ascolterà Rocca su certi passaggi importanti della vicenda che lo vede accusato di essere il presunto mandante dell’omicidio della moglie.

Dopo la deposizione spontanea di questa mattina, nella quale ha inveito specialmente contro gli inquirenti, nel pomeriggio di oggi, Rocca, che avrebbe dovuto essere ascoltato dal Pubblico Ministero, ha dichiarato che di sentirsi stanco e stressato e di non avere le forze per proseguire.

A pochi giorni dalla sentenza, Francesco Rocca prende la parola in aula e le sue dichiarazioni spontanee si trasformano in un vero e proprio atto d’accusa. Il dentista si sente vittima di un processo ingiusto e non tutelato dalla Corte.

«Gli inquirenti – attacca il dentista di Gavoi – sono stati degli incapaci e non mi hanno consentito di difendermi perché non si vuole la verità».

«Rocca ringrazia poi la famiglia, gli amici e i suoi legali che si sono battuti per provare la sua innocenza. Sarà grazie a loro – chiarisce – se mia figlia Elisabetta un giorno saprà chi ha ammazzato la madre, perché é grazie alla loro tenacia che é stato ricostruito il Dna dell’ignoto».

«La mia – spiega l’imputato – é solo la voglia di un padre di tutelare e di riabbracciare sua figlia, non ci sto a una condanna per poi magari essere assolto 4 anni dopo. A me – incalza Rocca – non mi si dà nemmeno la possibilità di rispondere alla letterina di una bambina di seconda elementare, cui prima é stata tolta la madre e ora é privata anche del padre».

«Mia moglie è una vittima di serie B – ha proseguito Rocca. Perchè per l’omicidio di Yara Gambirasio sono stati analizzati 16 mila profili genetici e confrontati con quello dell’ignoto e per mia moglie solo 40? E perchè, pur avendo noi a disposizione il profilo di un Dna maschile ignoto non si arriva ad accertare chi possa essere entrato nel garage ad uccidere mia moglie quel giorno?».

Non ci sarà nessun confronto in aula tra i superperiti del processo per l’omicidio di Dina Dore. La Corte d’assise di Nuoro ha respinto la richiesta dei legali dell’imputato, determinati ad ascoltare il genetista forense Emiliano Giardino, noto per essersi occupato del caso di Yara Gambirasio, e mettere a confronto le sue argomentazioni con quelle del prof. Ernesto D’Aloja, il perito della Corte che ha escluso la consanguineità tra il Dna di Ignoto 1 e Antonio Lai, il padre del supertestimone Stefano Lai.

Sono state Rigettate dalla Corte anche tutte le altre istanze della difesa: no, in particolare, all’acquisizione degli scontrini dei bar di Gavoi in cui Stefano Lai avrebbe raccolto la confessione dell’amico Pierpaolo Contu, il quale avrebbe raccontato di aver commesso l’omicidio su mandato di Rocca. Secondo la difesa i bar a quell’ora erano chiusi.

La requisitoria del Pm Danilo Tronci, prevista per domani, slitta dunque a giovedì mentre lunedì 16 sarà il turno delle arringhe delle parti civili, con gli avvocati Mariano e Massimo Delogu. Martedì saranno i difensori di Rocca, Mario Lai e Angelo Manconi, a battersi in aula.

Poi il processo si fermerà in attesa della pronuncia della Corte D’Appello di Sassari, sentenza che i legali di Rocca potrebbero impugnare di fronte alla Cassazione. La Corte ricusata potrà  pronunciare la sentenza solo dopo il via libera di una o eventualmente di entrambe le Corti di giustizia.

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