La vicenda giudiziaria di Alessia Pifferi, la donna detenuta per aver lasciato morire di fame e sete la figlia Diana di soli 18 mesi, è tornata al centro del dibattito con nuove strategie difensive che tentano di rimettere in discussione la piena capacità di intendere e di volere dell’imputata. Alcuni mesi fa, la donna aveva annunciato dal carcere di voler sposare una compagna di cella, dichiarando di esserne “follemente innamorata”. La notizia, confermata dal suo avvocato, Alessia Pontenani, era stata accompagnata dalla richiesta della Pifferi di avere la legale come testimone di nozze. Questo annuncio è emerso mentre la difesa chiedeva, e otteneva, una nuova perizia psichiatrica per valutare le condizioni dell’imputata.
I risultati dell’analisi, svolta lo scorso agosto, sono stati nuovamente citati in tribunale nel corso del processo d’appello, tenutosi il 22 ottobre, giorno in cui Pifferi è comparsa in aula accanto alla sua avvocata. La nuova perizia aveva parlato di un “ritardo intellettivo lieve”, ma aveva escluso una condizione patologica tale da compromettere la sua capacità di intendere e di volere al momento dei fatti. È proprio in considerazione di questo esito che la criminologa Roberta Bruzzone, consulente della famiglia Pifferi e sentita in aula come parte civile, ha smontato quella che per molti è l’ennesima strategia per fingersi inferma.
Secondo l’analisi della Bruzzone, Pifferi «È totalmente in grado di fare un bilanciamento tra i suoi bisogni e quelli degli altri». La criminologa ha però evidenziato il tratto manipolatorio della donna, sostenendo che «Gli altri le servono solo per rispondere ai suoi bisogni, si sente gratificata solo dalle cure e dalle attenzioni altrui e i suoi bisogni sono l’unica cosa che conta davvero mentre tutto il resto si muove perifericamente». Il quadro tracciato dalla consulente è quello di una persona bugiarda compulsiva, psicotica e anaffettiva, ma non pazza. La patologia della Pifferi la spinge a tentare di costruire un pregresso di abusi (come la falsa accusa di stupro al padre) non per follia, ma per legittimare i suoi tratti criminali e cercare una scappatoia legale. In questo contesto, anche l’annuncio del matrimonio in cella viene letto come un tentativo di attirare le attenzioni e le cure che la donna cerca compulsivamente.
