Un patrimonio tutto da scoprire: i tesori archeologici di Scano Montiferro

Salvatore

Un patrimonio tutto da scoprire: i tesori archeologici di Scano Montiferro

mercoledì 30 Agosto 2023 - 02:00
Un patrimonio tutto da scoprire: i tesori archeologici di Scano Montiferro

Nuracale prima del recente restauro (foto S.Novellu)

di Salvatore Novellu

SCANO MONTIFERRO – Posto nella regione centro occidentale della Sardegna, nel cuore del massiccio vulcanico del Montiferru, il territorio di Scano Montiferro è particolarmente ricco di acqua, con sorgenti dislocate a tutte le quote altimetriche; tra queste le più importanti sono quelle di Sant’Antioco, che forniscono l’acqua a Scano e ai paesi limitrofi e un tempo alimentavano una quindicina di mulini a ruota verticale che sorgevano lungo il corso del Riu Mannu, oggi quasi tutti diroccati, a parte uno ancora perfettamente efficiente per quanto in disuso. E la presenza di tale quantità d’acqua, oltre alla fertilità dei pascoli e all’abbondanza di legname garantita della “magnifica” (come la definisce Alberto Della Marmora in Itinéraire de l’Ile de Sardaigne nel 1860) foresta del Montiferru, non devono essere stati secondari per le genti che in passato si insediarono in questo territorio, di cui sussistono ampie testimonianze archeologiche, importantissime per quantità (si contano oltre sessanta siti) e varietà: nuraghi, sia semplici sia complessi sia a corridoio, domus de janas, tombe dei giganti, menhir, betili, pietre fitte e incise, oltre ai resti di alcuni villaggi di varie epoche come quello di Su Lù e Beranula.

“Gli scanesi, e generalmente gli altri logudoresi, fanno distinzione de’ norachi semplici, che sono un solo cono, e de’ composti, che constano del principale, che comprendesi entro una cinta intersecata da altri norachetti; i semplici sono detti Nuraches, i composti Sas muras, o forse Nuras“, scriveva così Padre Angius nel Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna di G. Casalis (1835-56), a proposito dell’archeologia nel territorio di Scano, di cui dà ampi cenni.

Il repertorio archeologico scanese fu poi studiato approfonditamente nei primi anni Cinquanta del Novecento, in occasione della propria tesi di laurea, dall’archeologo locale Pietro Pes, allievo di Giovanni Lilliu, col quale collaborò allo scavo del più noto Nuraxi di Barumini. Tale documento, ampliato in occasione della sua recente pubblicazione dai suoi curatori, gli archeologi Alessandro Usai e Tatiana Cossu, risulta ancora oggi lo studio più ricco e dettagliato sull’argomento e fondamentale per chiunque voglia approcciarsi all’argomento.

Quella che proponiamo qui non è una lettura esaustiva dell’intero repertorio ma un itinerario di visita semplice e alla portata di tutti, facilmente accessibile dalla rete viaria circostante, ma allo stesso tempo sufficiente per farsi un’idea della ricchezza e della varietà del patrimonio archeologico del territorio in esame.

NURACALE – Il sito più conosciuto e degno di nota è di certo quello di Nuracale, in località Luzzànas, a pochi chilometri dall’abitato, lungo la strada che da Scano conduce a Sagama. Posto in cima a un declivio che si affaccia sulla gola del Riu Mannu, Nuracale è maestoso nuraghe complesso, costituito da una torre centrale su due livelli, con tre torri raccordate da un ampio bastione a formare uno spazioso cortile interno e un quarto vano retrostante, che doveva assolvere alla funzione di silos, raggiungibile da un camminamento sopraelevato.

Tra il 2005 e il 2006 il sito è stato oggetto di una campagna di scavo e consolidamento da parte della Soprintendenza Archeologica di Cagliari e Oristano, a cura degli archeologi Alessandro Usai, Federica Dettori e Tatiana Cossu. Gli esiti dell’intervento hanno rivelato che la struttura funzionò per diversi secoli, all’incirca dal Bronzo Medio alla prima Età del Ferro (XIV°-X° secolo a.C.), come centro di coordinamento delle attività economiche del territorio, svolte sotto il controllo di una o più famiglie egemoni, da una società articolata in diversi insediamenti abitativi composti da alcune centinaia di persone. Come testimoniano i reperti archeologici, soprattutto vasellame, il sito continuò a essere frequentato anche nei secoli successivi, almeno fino all’alto Medioevo. Lo scavo ha evidenziato anche la presenza di ulteriori basamenti di strutture e bastioni megalitici nel tratto antistante la muraglia del cortile, segno di una più complessa articolazione della struttura in epoche passate. Sono emersi, inoltre, i resti diversi mensoloni, verosimilmente crollati dai coronamenti delle torri, e una serie di conci in pietra bianca e nera, probabili elementi decorativi degli stessi.

NURAGHE MESU ‘E RIOS – A breve distanza da Nuracale vale la pena visitare il nuraghe “Mesu ‘e rios”, che prende nome dalla sua ubicazione su un promontorio che si trova alla confluenza tra il Rio Mensi e il Riu Mannu. Si tratta di una costruzione arcaica, che alcuni definiscono “protonuraghe”, a pianta ovale, con ingresso sopraelevato su una muratura possente che in alcuni punti raggiunge lo spessore di oltre quattro metri.

NURAGHE ABBAUDDI – Facilmente raggiungibile dalla strada che da Scano conduce a Macomer, Abbauddi è un elegante nuraghe monotorre (simile per fattura ai nuraghi Salàggioro e Lobos “A”) che sorge a valle della collina di Santa Barbara, dominata a sua volta dall’omonimo nuraghe (oggi molto rovinato e di difficile lettura), a due passi dai nuraghi Trìpichi e Su Lù, e dalle suggestive cascate di Alere (APPROFONDISCI).

Ben conservato nella struttura, realizzata con blocchi ricavati dalla cava adiacente, in cui si possono osservare chiaramente i segni del taglio dei grossi massi da costruzione. L’architrave si presenta ben squadrato e dotato di finestrino di scarico; all’ingresso, sulla destra (come nel vicino Salàggioro) si apre la scala e sulla sinistra la nicchia di guardia; alla fine dell’andito che conduce alla camera è presente un secondo architrave a oltre tre metri d’altezza (come nel nuraghe Ennari); questo elemento è citato anche da Padre Angius nel Dizionario citato: “Abbauddi è degno di osservazione per qualche sin- golarità, tra le quali sarebbe la pietra traversale posta un po’ sotto alla volta, come una trave distesa, che i paesani dicono la trave del patibolo” (“Pedra ‘e impiccare” NDR) ; sul vano centrale si aprono tre nicchie a pianta circolare. Nel declivio sottostante, a una decina di metri dall’ingresso, sono presenti anche alcune piccole domus de janas monocellulari.

NURAGHE URASSALA – Posto nell’altopiano montano della regione di “Codes”, anch’esso raggiungibile dalla strada che da Scano conduce a Macomer, in prossimità del limite tra le provincie di Oristano e Nuoro, Urassala merita una visita, oltre che per l’armoniosa e ben proporzionata architettura, sia dell’esterno che degli spazi interni, per la tecnica costruttiva, data da conci ben lavorati e disposti con regolarità.

Urassala è uno dei nuraghi meglio conservati del territorio: alla sinistra dell’ingresso si apre la scala che conduce al piano superiore, della cui camera sussistono appena alcuni filari di blocchi di basalto, sulla destra la nicchia di guardia mentre nella camera centrale, che conserva ancora intatta la volta, si aprono tre nicchie di forma ovale. È possibile che l’ingresso fosse preceduto da una muraglia megalitica di cui sussistono appena alcuni tratti.

La tomba dei giganti di Pedras Doladas (foto S.Novellu)

La tomba dei giganti di Pedras Doladas (foto S.Novellu)

TOMBA DEI GIGANTI DI PEDRAS DOLADAS – Sita nell’omonima località, la tomba dei giganti di Pedras Doladas è uno degli esempi più raffinati di architettura funeraria nuragica dell’Isola per tecnica costruttiva ed è raggiungibile da una strada di penetrazione agraria che conduce a “Su Monte ‘e s’elighe”. La sepoltura si presenta quasi del tutto manomessa in tutti i propri elementi costruttivi ma, per fortuna, questi sono ancora tutti sul posto. L’elemento più notevole sono le quattro pietre di copertura, accuratamente lavorate in forma di semicolonna, svuotate in quella che doveva essere parte interna. Ancora in situ anche la stele, anch’essa lavorata, e i blocchi che costituivano l’esedra. La raffinatezza costruttiva della tomba contrasta con la rozzezza del nuraghe più vicino, Altoriu, tanto da far pensare che si tratti di uno dei rari casi di tomba dei giganti non di pertinenza di un nuraghe specifico ma di un monumento a sé stante.

Secondo la leggenda, al suo interno fu rinvenuto il simulacro della Vergine di Tutti i Santi, oggi sull’altare maggiore della chiesa di Scano, alla quale è dedicata Sa Festa Manna di Scano, in occasione della quale, il 12 settembre di ogni anno, il simulacro della Vergine, incoronata Regina di Tutti i Santi, è condotto in processione nella chiesetta adiacente la tomba, dove viene celebrata una messa solenne e dove, poi, i fedeli si trattengono per il pranzo prima del rientro in paese nel pomeriggio.

NURAGHE LEARI – Si tratta di una delle costruzioni più suggestive del territorio, arroccato in posizione dominante sulla sommità di un’alta parete rocciosa, in una delle zone più elevate del monte di Scano, nel cuore del bosco. Leari è raggiungibile percorrendo la strada di penetrazione agraria indicata per la tomba dei giganti di Pedras Doladas, dopo una sosta all’omonima fonte. Si tratta di un nuraghe monotorre di forma ovale, realizzato con un’apparecchio murario in conci basaltici di piccola pezzatura, appena sbozzati, ma ben accostati tra loro. Pur in parte crollato, conserva ancora parte della camera, con la sua nicchia, e dell’andito.

Una domus de janas di Ispinioro (foto S.Novellu)

Una domus de janas di Ispinioro (foto S.Novellu)

DOMUS DE JANAS DI ISPÌNIORO – Il complesso di domus de janas di Ispinìoro si apre su una parete rocciosa in arenaria (detta anche “Roccas de Santa Lughia”), nell’omonima la vallata che si apre tra Scano e Sennariolo, e ricade in parte in una zona in cui un tempo si cavava sabbia da costruzione, detta anche “Monte ‘e sa rena”.

Il sito si compone di ben sei domus, poste a varie altezze, alcune delle quali ripartite in vari ambienti, fino a cinque, all’interno dei quali si osservano tracce di colorazione rossa; alcuni varchi d’accesso dal corridoio alle anticelle sono lavorati con cornici squadrate, e un vano reca incise sul soffitto scanalature a raggiera che ricordano la trabeazione della copertura di una capanna.

Contenuto realizzato in collaborazione con la Regione Sardegna – Assessorato al Turismo, Artigianato e Commercio

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