IsReal: il regista Frammartino special guest del festival

Sonia

IsReal: il regista Frammartino special guest del festival

giovedì 15 Dicembre 2022 - 11:29
IsReal: il regista Frammartino special guest del festival

Michelangelo Frammartino

La terza giornata di IsReal, il festival del cinema del reale all’auditorium G. Lilliu di Nuoro fino al 18 dicembre, si apre nel segno di Michelangelo Frammartino, uno dei registi più radicali e rilevanti emersi nel panorama internazionale negli ultimi 10 anni.

Domani, giovedì 15 dicembre, inizia il focus sulla sua produzione, con una prima proiezione delle tre in programma, del lavoro Il dono (2003), che ha segnato il suo esordio da indipendente.

L’omaggio al regista che sarà a Nuoro a presentare i suoi lavori e a confrontarsi con il pubblico del festival prosegue venerdì, alle 18, con la proiezione del suo ultimo film Il buco (2021) e sabato 17, alle 21 con la visione di Le quattro volte, che di fatto conclude lo speciale percorso dedicato al regista in questa settima edizione di IsReal.

Sperimentatore entusiasta, Frammartino alterna corsi e seminari presso le scuole di cinema e le università a installazioni al MOMA di New York (Alberi, 2013). La sua opera parte sempre da una relazione “fisica” con un luogo, un ambiente la cui connotazione specifica va ben oltre il concetto di location per informare la natura stessa del film, scavando in profondità un nuovo solco per il “cinema del reale”.

 Michelangelo Frammartino ha rivelato con le proprie opere uno sguardo unico e capace di attirare l’attenzione di festival di primo piano come Locarno, Venezia e Cannes. Dopo l’esordio indipendente con Il dono (2003), Le quattro volte (2010) l’ha rivelato a livello internazionale e Il buco (2021), presentato in concorso e vincitore del Premio speciale della giuria al Festival di Venezia, ha consacrato il talento di un autore unico all’interno del contesto nazionale ma tra i più ammirati dalle ultime generazioni di cineasti e cinefili.

Ecco a seguire il programma di domani giovedì 15 dicembre e una breve sinossi dei film che si potranno vedere all’auditorium di via Mereu dell’Isre.

Si inizia alle 16 con il primo step del focus su Frammartino con Il dono (Italia 2003, 80’). Il regista milanese di origini calabresi racconta la quotidianit̀ di Caulonia, un villaggio calabrese un tempo popoloso e oggi quasi disabitato. Un vecchio impassibile e una ragazza che la gente crede posseduta da un demone sembrano semplicemente in attesa che il tempo li consumi. La ragazza offre il suo corpo agli assalti senza tenerezza degli automobilisti; l’anziano trova un cellulare che continua a suonare e va a infoltire una schiera di oggetti inutili: barche arenate sulla spiaggia, automobili smembrate ai bordi delle strade. Il dono rivela il talento di Frammartino che con un film anomalo nel panorama nazionale: non solo per il ridottissimo budget (cinquemila euro) con il quale è stato girato, ma anche per l’approccio alla realtà di un luogo fittizio. Nella ciclicità statica dello scorrere del tempo si manifesta un senso di ineluttabilità che avvolge i due protagonisti e gli altri abitanti del paese, come le anziane impegnate nei riti contro il malocchio. Un’opera rivelatrice che ha aperto una nuova strada per il cinema italiano. Alle 18 per la sezione “Scenari sardi” è il turno in cartellone per Arbatax di Helena Falabino (Italia 2021, 20’).

Arbatax è il nome di un luogo ma anche una parola magica che compare improvvisamente sullo schermo durante la visione di alcune vecchie bobine. Helena Falabino esplora i filmati di famiglia conservati nell’archivio della Cineteca Sarda mettendo al centro non tanto i soggetti ritratti negli home movies quanto l’archivio stesso: un luogo immaginario in cui convivono sequenze, volti e suoni diversi, che dialogano tra loro in accostamenti sorprendenti. Arbatax!! è un gesto filmico che mette in discussione lo statuto dell’archivio e degli home movies. Nel corso dell’opera, la centralità della famiglia nei filmati perde progressivamente importanza per trasformarsi in una danza irregolare. L’autrice concentra lo sguardo sulla tensione esistente tra la canonicità formale del super8 domestico e le giustapposizioni più rocambolesche. Una vera e propria operazione di detournement che destruttura il film di famiglia per dare vita a un viaggio tra identità fluide, conservando nel proprio sguardo la tenerezza e l’ironia. Seguiranno Rondò Final di Gaetano Crivaro, Margherita Pisano, Felice D’Agostino (Italia 2021, 51’).

Cent’anni di immagini cercate e ritrovate, frammenti di pellicola, nastri di famiglia, pixel. Un Santo martire e guerriero, Sant’Efisio, icona che muove le genti. Una festa, un rito che si ripete fuori dal tempo e che porta con sé le maschere di dominazioni passate e presenti di un’isola: la Sardegna. Cosa sfugge? Cosa resta? Un passato perpetuo, perennemente rinnovato. Incontro di molteplici sguardi in differita, Rondò final è frutto di un lungo processo di ricerca ed elaborazione di gruppo grazie alla quale si intessono innumerevoli fili di senso e in cui immagini mute rivelano discorsi nascosti tra i rumori dei campanacci, gli zoccoli dei buoi, le preghiere zittite dalle launeddas, assordate dal frastuono di una cattedrale della modernità. Un vertiginoso attraversamento spazio-temporale in cui l’esperienza del singolo e la dimensione collettiva si fondono per dare vita a una condizione sospesa di stupore percettivo. Una partitura libera e aperta che interroga di volta in volta lo sguardo, il punto di vista da cui si osserva, il luogo di ascolto.

Chiude le proiezioni alle 21 Mother Lode di Matteo Tortone (Francia, Svizzera, Italia 2021, 86’). Jorge lascia la sua famiglia e il suo lavoro di mototaxi nei sobborghi di Lima per cercare fortuna nella miniera più elevata e pericolosa delle Ande Peruviane. Isolata su un ghiacciaio, La Rinconada è “la città più vicina al cielo”, ogni anno meta per migliaia di lavoratori stagionali attratti dalla possibilità di far fortuna nella speranza di una vita migliore. Da qui, Jorge inizia un viaggio fatto di premonizioni, in cui la realtà e l’immaginazione si legano indissolubilmente e dove il mito della ricchezza viene costruito sulla sofferenza: occasionalmente i giovani minatori scompaiono, perché l’oro appartiene al Diavolo. Filmato in un bianco e nero nitido e profondo, il film di Matteo Tortone scava tra riti antichi e superstizioni perenni, portando allo scoperto un impasto di cattolicesimo e magia e dando vita a una dimensione mistica che svela il legame atavico tra l’esistenza terrena e la dimensione dell’aldilà. Un viaggio nell’oscurità delle viscere di una miniera-Moloch che esige i suoi sacrifici umani.

 

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