Aveva 100 anni, compiuti lo scorso 3 novembre, e si chiamava Gavina Puggioni, ma per tutti era zia Gavinedda.
La ricordo una quindicina di anni fa, durante una domenica pomeriggio d’estate trascorsa a Lollove. La conobbi per caso, del cortile dalla sua casa, un’architettura tipica del luogo, circondata da fiori e dai suoi gatti. Fu l’occasione di una lunga chiacchierata, durante la quale mi racontò di come si viveva nell’antico borgo, dove la vita da sempre scorreva e scorre lenta e silenziosa, soprattutto in seguito al progressivo spopolamento che aveva ridotto (all’epoca) gli abitanti a poco meno di una decina.
Con grande cordialità e sguardo acuto e pungente, spiegava di aver avuto una vita semplice, fatta dei soliti piccoli rituali quotidiani ma condita da buone letture, tra cui Grazia Deledda, e allo stesso tempo – precisava – felice, felice perché la famiglia di origine (lei era signorina), per quanto numerosa, le aveva insegnato a farsi bastare il poco che aveva e, con quel poco – con un moto d’orgoglio – spiegava di essere riuscita persino a ristrutturare la sua piccola casetta.
Tornai a trovarla qualche tempo dopo, ma mi dissero che la famiglia l’aveva portata con se a Nuoro, per problemi di salute. Ieri la notizia della sua morte, in seguito alla quale siamo tutti più poveri, dei suoi racconti e del suo esempio di vita.
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Lollove. Zia Gavinedda compie 100 anni: gli auguri dell’amministrazione comunale