Caos Covid al Pronto soccorso del San Francesco. Fino a 12 ore di attesa prima di entrare. Lo sfogo degli operatori 118

Salvatore

Caos Covid al Pronto soccorso del San Francesco. Fino a 12 ore di attesa prima di entrare. Lo sfogo degli operatori 118

sabato 07 Novembre 2020 - 20:31
Caos Covid al Pronto soccorso del San Francesco. Fino a 12 ore di attesa prima di entrare. Lo sfogo degli operatori 118

Ambulanze in attesa davanti al Pronto Soccorso di Nuoro

In piena emergenza Covid, prosegue lo stato di caos al Pronto soccorso del San Francesco di Nuoro. Sia di giorno che durante le notte, nel piazzale antistante l’accumularsi di ambulanze provenienti da Nuoro e da tutto il circondario è diventato una regola. Pazienti Covid e operatori del 118 sono costretti ad attendere all’esterno anche 12 ore prima che si liberi qualche posto che consenta loro l’accesso per l’accettazione.

Ma qual’è il problema? Il problema è che, mentre durante la prima ondata della pandemia l’ospedale era stato dotato di un reparto Covid e di un relativo Pronto soccorso dedicati, ben separati sia nella dislocazione sia negli accessi dal resto della struttura, che ha continuato a lavorare indisturbata, come abbiamo chiaramente testimoniato lo scorso 15 maggio (APPROFONDISCI), oggi i pazienti Covid sono costretti ad accedere dal Pronto Soccorso ordinario, lo stesso utilizzato in genere dai pazienti “puliti” che necessitano di cure urgenti per altre patologie, incidenti o traumi. Questi ultimi, invece, sono dirottati alla hall principale, dalla quale accedono all’area interna del Pronto soccorso.

È proprio nella sala barelle del Pronto soccorso, dunque, che si viene a creare il collo di bottiglia. I pazienti Covid, la maggior parte dei quali lamenta problemi respiratori, appena riesce al avere accesso alla struttura, viene fatta sostare qui e dotata di ossigeno, in attesa che nei vari reparti si liberino i posti letto che possano accoglierli.

Ambulanze in attesa davanti al Pronto Soccorso di Nuoro (foto S.Novellu)

Ambulanze in attesa davanti al Pronto Soccorso di Nuoro (foto S.Novellu)

All’esterno, intanto, gli altri pazienti Covid sono costretti a lunghe ed estenuanti attese in ambulanza, dove viene comunque fornito l’oro l’ossigeno necessario ad alleviare le sofferenze dell’insufficienza respiratoria, e con loro gli operatori del 118, “bardati” con i dispositivi di protezione (che abbiamo avuto modo di testare in prima persona e ne conosciamo gli effetti), anche dieci, dodici ore, una cosa disumana per entrambi.

Ciliegina sulla torta, se nella prima fase pandemica era presente una squadra preposta alla sanificazione dei locali e delle ambulanze, adesso gli operatori sono ridotti all’osso, spesso una sola persona si deve occupare di tutto, con tempi e rischi che ci si può solo in parte immaginare.

Tutto questo mentre da parte della Regione, dopo l’allestimento in pompa magna del nuovo ospedale da campo, ancora chiuso per carenza di personale, continuano i proclami di nuovi bandi per l’assunzione di personale, di nuovi medici in arrivo, etc, etc, etc. Le stessa pompa magna con la quale, a suo tempo tutti gli ospedali erano stati dotati di tende per il pre-triage, strutture amovibili in realtà mai utilizzate, e per mesi rimaste in balia del vento, semi distrutte.

Ambulanze in attesa davanti al Pronto Soccorso di Nuoro (foto S.Novellu)

Ambulanze in attesa davanti al Pronto Soccorso di Nuoro (foto S.Novellu)

Ora gli operatori minacciano la rivolta. «Siamo stanchi – ci ha raccontato un operatore del 118 pochi minuti fa, dopo oltre dieci ore di attesa in ambulanza -, tutto questo è inaccettabile. Capiamo le ragioni dei vertici dell’ospedale e del personale interno, fin troppo premuroso e comprensivo. Quello che non accettiamo è l’atteggiamento delle Regione che, dopo non aver fatto nulla durante i mesi estivi, ora continua a ignorare la situazione che sia noi che i pazienti siamo costretti a vivere quotidianamente».

«Un’altra cosa che non siamo più disposti ad accettare  – puntualizza un suo collega – è l’atteggiamento di una parte dell’opinione pubblica, quella che nega la gravità della situazione e non ha idea di quello che noi e i malati stiamo passando da giorni. Da parte nostre, se le cose non cambiano, ci vedremo costretti a metterci in malattia, allora, quando vedranno i propri familiari senza assistenza vediamo se cambieranno idea».

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