Appalti truccati: un sistema piramidale con al vertice il consigliere regionale che “spartiva tra i suoi solidali”

Sonia

Appalti truccati: un sistema piramidale con al vertice il consigliere regionale che “spartiva tra i suoi solidali”

martedì 05 Aprile 2016 - 10:20
Appalti truccati: un sistema piramidale con al vertice il consigliere regionale che “spartiva tra i suoi solidali”

Le tangenti ricavate dai lotti della Sassari-Olbia spartite fra fidanzate, mogli e sorelle…

Esponenti politici, imprenditori e funzionari dell’ANAS, un sistema a delinquere smascherato dalle Forze dell’ordine, che ha portato misure restrittive personali nei confronti di 17 persone di cui 3 in custodia cautelare in carcere, 13 agli arresti domiciliari e uno con obbligo di dimora.

Complessivamente l’intera operazione ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di 95 persone.

Al momento gli inquirenti, ufficialmente, non hanno reso noti i nomi delle persone coinvolte nello scandalo.

LA GESTIONE  DEGLI APPALTI TRUCCATIIl sistema si basava su un principio semplicissimo ossia chi porta i finanziamenti per l’appalto lo gestisce a piacimento suo e in favore dei suoi sodali.

Una gestione piramidale fatta su più livelli: al vertice c’era il politico regionale che con la sua decisione contribuiva ad orientare la spesa; a livello intermedio si collocava la figura di un “faccendiere” in grado di preservare l’anonimato dei politici corrotti e di organizzare le turbative d’asta attraverso le quali i finanziamenti venivano spartiti sul territorio tra imprese e professionisti compiacenti.

L’ultima fase dell’operazione era gestita da funzionari e amministratori delle stazioni appaltanti che eseguendo le direttive dell’intermediario nella gestione dei finanziamenti ottenevano, tra l’altro, consenso popolare per il loro “impegno nei confronti della comunità”.

In questo modo l’effettiva gestione degli appalti pubblici era rimessa interamente alle scelte dell’intermediario/faccendiere, il quale, grazie alla corruzione dei pubblici ufficiali, è stato così in grado di controllare e indirizzare una buona parte del ciclo economico legato agli appalti pubblici della Regione Sardegna.

Uno scorcio delTribunale di Oristano (foto S.Novellu)

Uno scorcio delTribunale di Oristano (foto S.Novellu)

L’APPALTO DELLA SASSARI OLBIA: tra gli appalti pubblici più grossi pilotati c’è quello che riguarda la Sassari-Olbia, e in particolare la gestione dei lotti 3 e 8, aggiudicati rispettivamente per un importo di 70.775.409 ed 57.366.243; in particolare le spartizioni sono avvenute per l’assegnazione dei servizi tecnici di progettazione di due porticcioli turistici nell’area ogliastrina (Tertenia e Tortolì, quantificabili rispettivamente in circa 16 milioni e 11 milioni di euro), le “briciole” erano costituite dai numerosissimi incarichi di progettazione di opere pubbliche e consulenze di varia natura a conoscenti e amici. 

Secondo la ricostruzione dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, per gestire i grandi appalti si è rivelato indispensabile l’intervento del politico o del funzionario pubblico compiacente il quale, di volta in volta, si attivava nel far nominare commissari di gara “malleabili” per assegnare, ad imprese o amici selezionati dal professionista, lavori per milioni di euro.

L’ATTIVITÀ INVESTIGATIVA: indagini tecniche, servizi di osservazioni, perquisizioni, ispezioni documentali eseguite sia su apparati informatici che cartacei, accertamenti di natura economica svolti attraverso riscontri bancari, ha permesso di individuare il sistema di pagamento delle tangenti.

I pagamenti, avvenuti sia in territorio nazionale che estero, venivano effettuati dal faccendiere/intermediario nuorese mediante tangenti mascherate da consulenze, incarichi professionali anche per interposta persona, contributi elettorali, ottenendo in cambio la gestione in prima persona di una cospicua fetta di finanziamenti pubblici regionali e statali. Finanziamenti che venivano giustificati attraverso l’emissione di fatture false emesse nei confronti delle imprese aggiudicatarie degli appalti, o a imprese collegate, con motivazioni varie come lavori  o consulenze nazionali ed estere.

Chi faceva parte del sistema era attento e scrupoloso a non sbagliare, operando all’ombra di isituti e enti economici in regola, in modo tale che da un esame strettamente formale fosse difficile riuscire distinguere le operazioni lecite da quelle illecite, essendo entrambe caratterizzate dalla presenza di tutta la documentazione contabile giustificativa (contratti, fatture, note di credito e quant’altro).

In assenza di partita Iva, i pagamenti “sporchi” erano effettuati mediante o denaro contante o assegnazione di incarichi fittizi o consulenze a familiari o congiunti.

La ricostruzione dagli investigatori è stata confermata dalla confessione resa dai rappresentanti legali delle imprese aggiudicatarie di appalti inerenti i lavori della Sassari-Olbia, i quali, in presenza dei loro difensori, hanno raccontato di avere pagato  singolarmente 300.000 mila euro   per assicurarsi l’aggiudicazione dell’appalto.

Soldi che poi sono finiti nelle tasche di politici, funzionari e prestanome degli stessi, quali moglie, sorella e/o fidanzata.

In particolare per un lotto della Sassari – Olbia è stato rinvenuto un elenco dei destinatari delle somme ricavate dalle tangenti pagate dagli appaltatori romani, nel quale figurano quali destinatari la sorella e la fidanzata di due politici regionali. Il resto del denaro è stato utilizzato per  incarichi professionali apparentemente leciti, permettendo,  ai politici coinvolti di ricevere una “retribuzione” di 150.000 euro ciascuno. 

Infine era prevista anche una ulteriore tangente da 800.000 euro, mascherata con un contratto fittizio per prestazioni professionali di vario genere da  far rientrare nell’abito dell’appalto stesso.

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