Processo Dore. Riascoltando un'intercettazione: "adesso ci giochiamo la carta di Lai"

Sonia

Processo Dore. Riascoltando un'intercettazione: "adesso ci giochiamo la carta di Lai"

martedì 31 Marzo 2015 - 12:06
Processo Dore. Riascoltando un'intercettazione: "adesso ci giochiamo la carta di Lai"

Processo Dina Dore: l'ascolto delle registrazioni

Processo Dina Dore: l'ascolto delle registrazioni

Processo Dina Dore: l’ascolto della registrazione dell’intercettazione

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La Difesa: «l’unico coinvolto nel delitto è il super testimone Stefano Lai»

Il processo è iniziato con il riascolto, disposto dalla difesa, di una intercettazione telefonica già agli atti ma, evidentemente, trascritta male.

Si tratta di una conversazione tra il capo della Squadra Mobile di Cagliari Leopoldo Testa e Antonello Cossu, il poliziotto che ha raccolto le testimonianze del confidente, nella quale Cossu dice a Testa: «adesso ci giochiamo la carta di Lai…»

La registrazione risale al al 19 novembre 2012 ovvero tre giorni prima della confessione di Stefano Lai, nella quale quest’ultimo accusa il proprio migliore amico Pierpaolo Contu di essere l’esecutore materiale del delitto e Francesco Rocca il mandante.

In una prima trascrizione era stato riportato: «ci giochiamo la carta di La…» ma oggi in aula si è sentito “Lai“, il perito tuttavia parla di accavallamento di voci, dunque spetterà alla giuria valutare la valenza della registrazione.

Subito dopo ha preso la parola l’avvocato della difesa Angelo Manconi che ha impostato la propria requisitoria sul fatto che l’omicidio perpetrato nei confronti della povera Dina Dore è stato un tentativo maldestro di rapimento andato male.

«Compiuto da un solo uomo che sicuramente non è Pierpaolo Contu, anche dalle valutazioni degli esami del DNA che non corrispondono con quello del ragazzo che all’epoca dei fatti era minorenne – prosegue Manconi. Se fossero state due persone non avrebbero avuto problemi a bloccare una donna, a caricare il corpo in macchina e a scappare. L’escutore ha perso almeno venti minuti per trascinare, in modo maldestro, il corpo di Dina Dore e caricarlo nel bagagliaio della sua Fiat Punto, con la quale avrebbe dovuto andare via se i piani non si fossero evoluti in maniera diversa e detto esecutore, disturbato da qualcosa, non fosse dovuto scappare. Se si fosse trattato effettivamente di un delitto premeditato l’individuo non avrebbe colpito la donna con un corpo contundente, evidentemente un arnese preso a caso, ma con un fendente dopo di che, compiuto l’omicidio, l’assassino non avrebbe perso tutto quel tempo a caricare un corpo nel bagagliaio di una macchina ma sarebbe scappato a gambe levate».

Poi Manconi parla di come sono andate avanti le indagini fino alla confessione del super testimone Stefano Lai.

«Le forze dell’Ordine fino alla confessione di Stefano Lai non avevano niente contro Rocca e Contu tanto che da una relazione stilata il 14 novembre 2012 da Leopoldo Testa e Fabrizio Mustaro, dirigenti della Squadra Mobile, è scritto: “non abbiamo elementi a carico di Francesco Rocca e Pierpaolo Contu“.

Poi – prosegue Manconi – il 19 novembre viene effettuata la  famosa intercettazione tra Testa e Cossu riascoltata in mattinata nella quale si dice di giocarsi l’ultima carta ovvero la testimonianza di Lai; poi il 22 novembre la confessione di quest’ultimo».

Per la difesa, quindi, l’unico coinvolto in qualche modo in questo delitto è Stefano Lai: «un personaggio poco chiaro, di cui anche il paese iniziava a sospettare, un ragazzo che asserisce di aver ascoltato le confessione del suo migliore amico e non di non avergli chiesto un minimo di particolari, fatto in virtù del quale emerge una confessione generica da parte di Lai e non circostanziata».

Poi Manconi conclude con un’analisi delle intercettazioni telefoniche e degli orari di quei giorni e del rapporto tra Rocca e la moglie.

Infine Sul movente dell’omicidio, ricostruito in parte dagli sms inviati da Rocca all’amante Anna Guiso (“Dina ha fatto la fine che doveva fare”), il difensore è stato chiaro: « se è vero, Rocca ha detto quelle frasi, ma chiunque può capire che un uomo che ha appena perso la moglie per un delitto è una persona debole e in quel momento cerca di conquistare l’amante. Sono frasi che non hanno alcuna giustificazione ma Rocca non è un’assassino. In questo processo – ha concluso il legale – non è stata provata la sua colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio, per questo chiedo che Francesco Rocca venga assolto. Il processo riprenderà  domani con l’arringa di Mario Lai, altro difensore dell’imputato, nel pomeriggio sono previste le repliche, poi la corte si ritirerà  in camera di consiglio: la sentenza è attesa prima di Pasqua. 

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