L’Isis rade al suolo un altro gioiello dell’antichità: è un atto di guerra

Sonia

L’Isis rade al suolo un altro gioiello dell’antichità: è un atto di guerra

venerdì 06 Marzo 2015 - 09:26
L’Isis rade al suolo un altro gioiello dell’antichità: è un atto di guerra

Un altorilievo di Nimrud

Un altorilievo di Nimrud

Un altorilievo di Nimrud

Un’amara verità dietro le distruzioni: la vendita dei frammenti delle opere al mercato nero serve finanziare la guerra

Miliziani dell’Isis hanno raso al suolo con i bulldozer il sito archeologico di Nimrud, città irachena occupata dal Califfato islamico di al Baghdadi. Nimrud, fondata nel 13° secolo prima di Cristo, è universalmente riconosciuta come uno dei gioielli dell’era assira. Si trova 30 chilometri ad est della città di Mosul, sul fiume Tigri.

Ad annunciare lo scempio, suscitando allarme per possibili azioni future, è stato il ministero iracheno del Turismo e delle Antichità, con un post sulla sua pagina Facebook. La notizia è stata poi confermata da un ufficiale addetto alle antichità del governo iracheno, il quale ha precisato che la devastazione è cominciata dopo le preghiere di mezzogiorno.

La distruzione della copitale assira costituisce un crimine di guerra, avrebbe dichiarato la direttrice generale dell’Unesco Irina Bokova, che fa appello a tutti i responsabili politici e religiosi della regione a sollevarsi contro questa barbarie.

Pochi giorni fa era stato devastato il museo di Mosul, dove gli uomini del Califfo hanno fatto scempio di statue, bassorilievi, reperti delle antiche mura di Ninive risalenti a quasi 3 mila anni fa. Le opere esposte nel museo sono state distrutte a martellate e lanciandole a terra. Si è, poi, ulteriormente infierito sui frammenti, in modo tale che essi non potessero essere ricomposti.

In realtà, chiarisce un esperto, la cancellazione dei reperti antichi, oltre a rispondere alla volontà di distruggere tutte le opere che il gruppo vede come idoli di religioni e culture non conformi alle sue convinzioni, serve anche a finanziare la guerra i manufatti più piccoli non vengono distrutti ma venduti al mercato nero.

«Queste rovine dietro di me, sono quelle di idoli e statue che le popolazioni del passato usavano per un culto diverso da Allah», dice un miliziano davanti al bassorilievo di un cavallo.

L’Isis la chiama “promozione dei valori e della virtù”. Secondo la dottrina fondamentalista sunnita, infatti, è vietata ogni raffigurazione di dei ma anche di animali o esseri umani in generale.

L’atrocità dello scempio, come da tradizione Isis, è stato sapientemente documentato in un video puntualemente diffuso sui media. Nel video si vedono una decina di miliziani all’interno del museo della cittadina siriana distruggere tutte le opere che vi erano custodite alcune della quali dal valore inestimabile.

I due episodi non possono non richiamare alla mente ul precedente del 2001, quando in Afghanistan i talebani distrussero i Buddha di Bamiyan.

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