Peste Suina: il movimento Pro Territorio dice no agli abbattimenti e chiede un incontro al prefetto di Nuoro

Sonia

Peste Suina: il movimento Pro Territorio dice no agli abbattimenti e chiede un incontro al prefetto di Nuoro

giovedì 04 Gennaio 2018 - 12:09
Peste Suina: il movimento Pro Territorio dice no agli abbattimenti e chiede un incontro al prefetto di Nuoro

La mattanza dei maiali potrebbe alimentare situazioni di conflitto con le popolazioni

Dopo l’ultimo abbattimento di maiali allo stato brado avvenuto nei giorni scorsi, 215 i capi uccisi ieri in territorio di Orsolo nell’ambito dell’eradicazione della Peste suina africana, il movimento sardo Pro Territorio chiede un incontro al prefetto di Nuoro, Carolina Bellantoni.

«Al fine di evitare di indire lo stato di massima mobilitazione in difesa degli interessi deboli delle popolazioni – precisa nella richiesta di incontro Alessio Pasella, coordinatore regionale di Pro Territorio – con l’obiettivo di favorire un dialogo che consenta una soluzione positiva del problema, il Movimento è a disposizione per illustrare più nel dettaglio la situazione di grande e grave disagio che potrebbe alimentare situazioni di conflitto con le popolazioni».

La tensione è palpabile ormai da tempo, sono diverse centinaia gli animali allo stato brado abbattuti dalla task force dell’Unità di progetto regionale negli ultimi mesi. I territori più colpiti dalla mattanza appartengono ai comuni di Orgosolo, Desulo, Arzana, Talana, Villagrande Strisaili, Urzulei.

I maiali allo stato brado, spiega il movimento Pro Territorio, che minaccia una mobilitazione simile a quella avvenuta nel 2005 contro l’istituzione del Parco del Gennargentu, «sono un’importante fonte di lavoro, reddito e sostentamento delle popolazioni locali, patrimonio di biodiversità e genetico di una razza suina in via di estinzione, inserita fra le sei razze autoctone nazionali presenti nell’isola già dal neolitico e tutelata per legge».

Pro Territorio ricorda di aver già presentato due esposti contro gli abbattimenti alle Procure della Repubblica competenti per territorio di Nuoro, Oristano e Lanusei il 3 giugno 2016 e il 26 settembre 2016.  «Dalle discussioni pubbliche e comunicazioni – evidenzia Pasella – è stata evidenziata da parte degli allevatori l’assoluta disponibilità al dialogo con le Istituzioni  affinché possano essere messe in atto tutte le iniziative volte a regolarizzare gli allevamenti e a debellare la Peste suina africana».

Fino a oggi, tuttavia, lamenta il Movimento, si continua a ignorare il fatto che gli allevatori abbiano offerto ufficialmente la propria collaborazione, inviando lettere raccomandate al presidente delle Regione, Francesco Pigliaru, agli assessori regionale alla Sanità e all’Agricoltura, Luigi Arriu e Luigi Caria, al direttore generale alla Presidenza della Giunta regionale e Presidente Unità di progetto eradicazione peste suina africana, Alessandro de Martini. Lettere a cui non è seguito nessun riscontro scritto.

“Come unica risposta istituzionale della Regione sarda – evidenzia Pasella – si continua ad assediare ripetutamente “manu militari” paesi e territori. Si continuano ad abbattere suini allo stato brado, creando situazioni di disagio, tensione e sconcerto fra gli allevatori e nelle popolazioni per una mattanza ingiustificabile”.

Il Movimento respinge al mittente anche la tesi a posteriori sulle analisi dei capi suini allo stato brado abbattuti, con le relative percentuali di positività al virus. L’imposizione del risultato senza contradditorio per la controprova sierologica è ritenuta una grave lesione del diritto di difesa per gli allevatori.

Con l’ultimo abbattimento, intanto, la Regione ricorda ancora una volta che la normativa vigente vieta in tutto il territorio della Sardegna il pascolo brado non confinato, pratica che favorisce la continua diffusione della Peste suina attraverso lo scambio tra soggetti infetti e sani: tra maiali e maiali e tra maiali e cinghiali.

Per allevare in regola e nel rispetto delle leggi è innanzitutto necessario registrare i propri animali, sottoporli ai dovuti controlli sanitari e custodirli al chiuso o al pascolo semi brado confinato. Esistono due tipologie di allevamento in semibrado: una per le zone rosse, infette da PSA, e l’altra per le zone bianche, immuni dal virus. Nel primo caso la detenzione di suini all’aperto in spazi confinati non deve superare la superfice massima di 10 ettari, nelle zone bianche invece le estensioni degli allevamenti non devono superare i 40 ettari. La separazione fra gli allevamenti e l’esterno deve essere garantita attraverso recinti (muri a secco in pietra o doppie delimitazioni in rete metallica) o altri manufatti alti almeno un metro e 50 centimetri. Tali strutture non devono essere accessibili da parte di altri suini presenti al di fuori dell’allevamento o da cinghiali selvatici, possibili vettori del virus della PSA verso i maiali sani custoditi all’interno. Il carico sostenibile consentito è di quindici quintali di animali per ettaro.

La presenza endemica della Peste suina africana, che da 40 anni infesta diversi territori dell’Isola, ha come maggiore conseguenza il blocco alla vendita fuori regione delle carni, nate e allevate in Sardegna, e dei salumi. Perdite quantificabili in centinaia di milioni di euro ogni anno e in migliaia di posti di lavoro rimasti sulla carta. La presenza della malattia e l’embargo sulle vendite ha inoltre decimato gli allevamenti regolari che negli ultimi anni hanno visto dimezzato anche il proprio patrimonio zootecnico, stimato in poco più di 150mila capi. A fronte di questo, e con un comparto regionale in forte sofferenza, la Sardegna è fra le regioni italiane con il maggior consumo di carni suine d’Italia, tanto che circa l’80% del fabbisogno locale viene compensato da prodotti extra isolani.

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