Sono trascorsi dodici anni da quel terribile 18 novembre 2013, la data in cui il Ciclone Cleopatra si abbatté sulla Sardegna, scrivendo una delle pagine più drammatiche della storia recente dell’Isola. Quella mattina, una violenza eccezionale si riversò sul territorio, in particolare sulla Gallura e sul Centro Sardegna, lasciando dietro di sé una scia di morte e distruzione.

La devastazione del Ciclone Cleopatra a Bitti (foto S. Novellu)
In pochissime ore, una “bomba d’acqua” senza precedenti scaricò al suolo un quantitativo di pioggia che eguagliava quello che normalmente cade in ben sei mesi. La reazione della natura fu devastante: fiumi e torrenti esondarono, trasformando strade e centri abitati in canali di fango impetuosi. La furia dell’alluvione costrinse la Protezione Civile a decretare lo stato di emergenza.

Un’immagine della devastazione Cleopatra (f. S.Novellu)
Il bilancio finale fu tragicamente pesante: si contarono 19 vittime in tutta l’Isola, tra cui diversi bambini, e oltre 2.700 persone costrette ad abbandonare le loro case, sommerse dall’acqua o rese inagibili. La città di Olbia fu l’epicentro della tragedia con il maggior numero di lutti, ma la devastazione colpì duramente anche zone come Arzachena, Torpè, Uras e Oliena, dove l’ispettore di polizia Luca Tanzi perse la vita mentre scortava un’ambulanza a causa del cedimento del ponte di Oloè.

La devastazione di Cleopatra nel 2013 (foto S. Novellu)
Oggi, a dodici anni di distanza, la Sardegna commemora le sue vittime e guarda a quella catastrofe come a un monito costante. Il ricordo del Ciclone Cleopatra sottolinea la profonda fragilità del territorio e l’importanza di investire nella sicurezza idrogeologica per prevenire che una simile tragedia possa ripetersi. In quel giorno di dolore, si manifestò anche la grande solidarietà di migliaia di sardi e soccorritori che lavorarono senza sosta per salvare vite e aiutare le comunità colpite
