La tragica morte del medico Ciriaco Meloni, avvenuta nella notte tra il 7 e l’8 novembre 2025 in seguito all’impatto con un cinghiale lungo la strada Sassari-Olbia, ha riportato in primo piano il dibattito, molto sentito in Sardegna, sulla gestione della fauna selvatica. L’incidente ha immediatamente scatenato un’ondata di reazioni che inquadrano gli ungulati, in particolare i cinghiali, come una tra le cause principali dell’aumento dei sinistri.
Amministratori locali e alcuni “esperti” hanno colto l’occasione per alimentare la percezione di un’emergenza assoluta, invocando un abbattimento massivo degli animali, a causa di una narrazione che attribuisce in massima parte alla fauna selvatica la responsabilità degli incidenti sottolinea Stefano Deliperi del gruppo di Intervento Giuridico.
“Rischio incidenti troppo alto: contro cinghiali e animali vaganti servono barriere, dissuasori e abbattimenti” ha recentemente dichiarato Andrea Sarria, presidente dell’Ordine dei veterinari del Nord Sardegna, appoggiato su questa linea di pensiero da molti sindaci e associazioni venatorie.
LE CAUSE DEGLI INCIDENTI – I dati ufficiali sull’incidentalità stradale in Italia, però, ridimensionano drasticamente il ruolo della fauna selvatica negli incidenti stradali: nel 2022, la stragrande maggioranza degli incidenti stradali (circa il 92,4%) è stata causata da comportamenti scorretti del conducente o del pedone. Sempre nello stesso anno, gli incidenti causati da un animale domestico o selvatico urtato sono stati solo 493 in tutta Italia, pari ad appena lo 0,2% del totale degli incidenti (217.527). Nonostante l’incremento di incidenti e vittime sulla rete stradale italiana sia preoccupante (con un aumento delle vittime del 9,9% nel 2022) e gli incidenti stradali siano la prima causa di morte a livello mondiale per i giovani tra i 5 e i 29 anni, il dibattito si concentra quasi esclusivamente sulla fauna selvatica, ignorando la necessità di maggiori controlli sui guidatori.
Gli esperti hanno evidenziato come l’estensione della stagione di caccia e gli abbattimenti sistematici non solo non risolverebbero il problema della popolazione di cinghiali, ma potrebbero persino peggiorarlo, in quanto “farebbero venire meno l’autocontrollo delle nascite all’interno dei branchi” come ha recentemente spiegato il veterinario Paolo Briguglio. Per affrontare il problema con serietà e buonsenso, la Regione Sardegna dispone già di fondi pubblici destinati a misure efficaci che, tuttavia, rimangono inattuate. Con la deliberazione della Giunta Regionale n. 52/42 del dicembre 2024, sono stati stanziati 500 mila euro per finanziare interventi sperimentali nei comuni di Pula, Guspini, Siliqua, Arbus e Laconi, volti a evitare l’attraversamento degli ungulati. Tali interventi, come recinzioni alte e robuste, anche elettrificate, sono una realtà quotidiana in gran parte d’Europa, ma in Sardegna non sono ancora visibili. È inoltre un fatto noto che cervi e cinghiali si spostino a valle e verso le strade principalmente in cerca di cibo e acqua durante i periodi di siccità. Nonostante ciò, non sono state ancora realizzate misure semplici ma efficaci, come la creazione di erbai e colture foraggere in radure, né di piccole riserve idriche nelle zone boscate. Tali iniziative, formalmente sollecitate più volte dal GrIG, potrebbero persino essere finanziate tramite specifici fondi comunitari (ad esempio, il PSR 2007-2013, Misura 214, Azione 3, Intervento 2). Le soluzioni concrete e finanziate dunque esistono, ma l’inerzia nell’attuazione impedisce di trattenere la fauna selvatica lontano dalle vie di comunicazione, e si continua a fare disinformazione e incentivare la strategia dell’abbattimento.
