In un documento diffuso e sottoscritto dal Collettivo Comunista (m-l) di Nuoro, il Collettivo per la Palestina del Centro-Nord Italia lancia un appello per denunciare quello che definisce un “genocidio in Palestina”. Secondo il documento, il numero delle vittime è “impossibile da quantificare”, con centinaia di morti che avvengono “sotto gli occhi di tutti”, tranne che di quei Paesi occidentali, inclusa l’Italia, che “sostengono l’entità sionista”.
Il testo accusa i media e le testimonianze provenienti dalla Palestina di essere etichettate come “propaganda” per “nascondere qualsiasi voce di denuncia del massacro in corso”. Viene inoltre criticata la proposta di “due popoli, due stati” come una “falsa e vecchia soluzione” e si respinge la narrazione che attribuisce l’inizio del conflitto all’evento del 7 ottobre.
Il documento sottolinea che l’attuale situazione è una continuazione di una realtà storica che risale al 1948, anno della Nakba (Catastrofe), in cui migliaia di palestinesi furono uccisi, 700 tra città e villaggi rasi al suolo e oltre 700.000 persone costrette ad abbandonare le proprie case. Vengono citati anche episodi storici come la distruzione del campo profughi di Tell Al Za’tar nel 1976 e il massacro di Sabra e Shatila nel 1982, per evidenziare che tali eventi sono avvenuti ben prima dell’esistenza di Hamas.
Secondo il documento, l’occupazione israeliana dei restanti territori palestinesi, avvenuta con le guerre del 1967 e 1973, ha lasciato dietro di sé una scia di morte e distruzione. L’attuale situazione viene descritta come uno “sterminio di cui non si deve parlare, perché deve proseguire indisturbato per favorire i profitti dell’economia di guerra”. Si sostiene che le potenze sioniste, con la complicità dei Paesi imperialisti e delle capitali arabe, vogliano “costringere i palestinesi alla resa per accettare le condizioni di schiavitù proposte”.
Il documento conclude affermando che il popolo palestinese, sebbene sembri solo, con la sola eccezione dello Yemen, sta affrontando con resistenza gli attacchi per difendere il proprio diritto a esistere e all’autodeterminazione. I firmatari credono che il popolo palestinese non sia solo e che abbia dalla sua parte i popoli del mondo che “ogni giorno scendono in piazza al suo fianco”, sostenendo la lotta per una “Palestina libera dal fiume al mare”. Le proteste, si legge, si stanno allargando verso “obiettivi sempre più politici, come i consolati, ambasciate, blocco dei porti, delle ferrovie, contestazioni agli aeroporti in occasione dell’arrivo di israeliani”.
Franceschino Nieddu
