Il mio diario da Gaza: tra l’orrore e la speranza di un popolo che resiste

Salvatore

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Il mio diario da Gaza: tra l’orrore e la speranza di un popolo che resiste

giovedì 14 Agosto 2025 - 09:02
Il mio diario da Gaza: tra l’orrore e la speranza di un popolo che resiste

Pastore palestinese con la gamba amputata

Un’attivista che ha legami con il Nuorese, che per ragioni di sicurezza ha scelto di restare anonima, ha deciso di condividere con noi di “Cronache Nuoresi” la sua toccante esperienza in Palestina. Le sue parole, raccolte in un diario, descrivono la cruda realtà della vita quotidiana nei territori occupati, dove la violenza dei coloni e dell’esercito israeliano si scontra con la dignità e la resistenza di un popolo. Il suo racconto è un viaggio tra le difficoltà, la sofferenza e la speranza di chi ha scelto di schierarsi a fianco dei palestinesi.

IL DIARIO DI QUESTI GIORNI 

Venerdì 8 agosto 2025 

bombardamenti a Gaza

L’accoglienza in Giordania, di fronte all’anfiteatro romano, mi ha dato il benvenuto in un’esperienza che ho scelto di affrontare con sofferenza e mille dubbi. Mi sono chiesta se avrei mai potuto essere utile, vedendo l’escalation di violenza dei coloni e dell’esercito. Ma il desiderio di condividere la bellezza e la sofferenza di questa terra ha prevalso.

Dopo una notte ad Amman, ho affrontato i tre confini: giordano, israeliano e palestinese. L’attraversamento è stato estenuante, ma sono arrivata alla sede dell‘International Solidarity Movement (ISM), dove ho seguito un corso di formazione obbligatorio. L’ISM è un movimento serio, e l’allenamento che mi hanno dato ha confermato che la solidarietà supera tutti i confini. Qui ho incontrato altri 21 volontari, tra cui giovani donne e uomini dagli Stati Uniti, Irlanda, Inghilterra, Germania, Spagna, Catalogna, Canada e Italia.

Dopo il corso, ho scelto di tornare nella Valle del Giordano, una terra che la propaganda israeliana dipinge come un giardino. Ma è una menzogna: la Valle è sempre stata ricca d’acqua, ma i palestinesi hanno visto le loro condutture distrutte. Gli israeliani hanno trasformato la zona in infinite coltivazioni intensive, e le pompe di irrigazione consumano enormi quantità d’acqua. Nel 2009 avevo visto le case palestinesi distrutte e i loro contenitori d’acqua forati, un’azione di svago per l’esercito. Oggi, la situazione è ancora più drammatica: i palestinesi sono costretti a comprare l’acqua, mentre i coloni ne hanno in abbondanza.

Giovedì 14 agosto  2025 – Nel cuore caldo della guerra 

Gaza

L’intera zona è sotto il controllo coloniale israeliano e gli attacchi di soldati e coloni hanno costretto quattro comunità (40 famiglie) ad abbandonare tutto. Altre 10 comunità, con un coraggio infinito, resistono, ma i loro beni vengono rubati o distrutti. Solo venti giorni fa, i coloni hanno rubato 350 pecore da un gregge e ne hanno massacrate 180. Che esseri sono questi che si sentono fieri di questi crimini?

La mia prima notte in Palestina l’ho passata con Lud e Leda, a vegliare la comunità che ha perso 500 pecore. Abbiamo dormito per terra, vestite e pronte a filmare o fotografare chiunque avesse voluto fare del male ai legittimi abitanti.

L’atmosfera tra noi attivisti è bellissima, sempre pronti ad accompagnare i pastori con i loro greggi e a trascorrere le notti con le famiglie che hanno paura delle incursioni. Siamo qua grazie all’impegno di Rashid Khudairi, il fondatore di Jordan Valley Solidarity, un’organizzazione palestinese che dal 2003 supporta le comunità beduine.

Da ottobre 2023, la Cisgiordania ha visto un’escalation di attacchi. La brutalità della pulizia etnica in corso nei territori occupati, spesso taciuta dai media, è terribile. A Khirbet Al-Rakeez, nella regione di Massafer Yatta, un uomo di nome Sheikh Al-Saeed Al-Amur, che già aveva subito l’amputazione di una gamba per un colpo di proiettile, è stato nuovamente assalito. Ha dichiarato: “Non ho paura di un colono o dell’esercito. Temo solo Dio. Io rimango nella mia terra a costo di morire”.

Ad Ein Ayyoub, una comunità beduina vicino a Ramallah, i coloni hanno intimato agli abitanti di andarsene in 24 ore. Dopo aver bruciato le loro case, l’esercito ha dichiarato la zona militare chiusa. Le 130 persone che vivevano di pastorizia ora sono costrette ad andarsene.

Nonostante l’orrore, ricevo tantissimo da questo popolo, dai loro sorrisi, dalla loro dignità. Mi chiedo se sarò utile, ma la determinazione degli attivisti mi conforta.

Concludo con una notizia sconvolgente: il bombardamento della tenda che ospitava giornalisti di Al Jazeera a Gaza, un brutale assassinio che porta a 230 il numero di giornalisti uccisi. Loro, come i pastori e gli agricoltori, continuano a lavorare con un coraggio incredibile. Sto ricevendo tantissimo. Grazie Palestina!

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