L’anticiclone africano, ormai stabile sul Mediterraneo, non solo sta soffocando la penisola, ma si sta espandendo anche verso l’Europa settentrionale, mettendo in allerta paesi come la Spagna e minacciando seriamente i ghiacciai alpini.
Secondo l’ultimo aggiornamento del Ministero della Salute, per domenica 29 giugno ben 21 città italiane sono a bollino rosso, indicando un rischio elevato per la salute delle persone. La Sardegna, in particolare la sua area sud-orientale, sta registrando valori che toccano i 39°C, già fonte di notevoli criticità sia ambientali che biometeorologiche.
Le previsioni confermano un lungo periodo di caldo anomalo, iniziato già ai primi di giugno e destinato a proseguire senza tregua anche per tutta la prossima settimana. Non si intravede un significativo cambio di scenario, con l’anticiclone che si espanderà ulteriormente tra la fine di giugno e l’inizio di luglio, raggiungendo persino Scozia, Norvegia e Svezia, superando la latitudine di 60°N.
La Spagna è in allerta per picchi di temperatura superiori ai 42-43 gradi in regioni meridionali come l’Andalusia e del 40% nelle aree interne. In Italia, città come Firenze potrebbero superare i 39-40°C per cinque giorni consecutivi, un evento senza precedenti negli archivi meteo cittadini.
Un’altra preoccupante conseguenza di questo caldo estremo sono le “notti super tropicali”, con temperature minime intorno ai 30°C, specialmente lungo le coste e nella pianura Padana. Questo fenomeno è estremamente raro nel nostro Paese. L’unica parziale eccezione è rappresentata da un vento fresco che interesserà l’estremo Sud, dalla Puglia alla Sicilia, offrendo una breve rinfrescata nel weekend, mentre il Centro-Nord rimarrà rovente. Anche la temperatura dei mari è in aumento, con 27°C dal settore ligure al Tirreno centrale, e localmente 28-29°C sul Tirreno meridionale.
I climatologi lanciano l’allarme sui ghiacciai. “L’innalzamento della quota dello zero termico in libera atmosfera, attualmente intorno ai 4700 metri e prevista tra sabato e domenica a circa 5100 metri, sta determinando una rapida fusione del manto nevoso stagionale sulla catena alpina,” spiegano. La conseguenza più significativa è una minore disponibilità di neve stoccata, che non potrà essere utilizzata nei mesi di luglio e agosto, generalmente i più caldi dell’anno, quando la richiesta idrica è maggiore.
L’ondata di calore in corso rappresenta una sfida significativa per la salute pubblica e l’ambiente, con impatti a lungo termine che richiederanno attenzione e strategie di adattamento.
