La polveriera mediorientale è esplosa. Dopo l’attacco sferrato ieri da Israele sull’Iran, con l’obiettivo dichiarato di colpire le infrastrutture nucleari e militari della Repubblica Islamica, Teheran ha risposto con una rappresaglia senza precedenti, lanciando due ondate di missili balistici che hanno colpito l’intero territorio israeliano.
La capitale economica Tel Aviv è stata duramente colpita, con almeno sette siti interessati e un bilancio parziale di 35 feriti, di cui uno in gravi condizioni. Le sirene antiaeree hanno squarciato il silenzio in tutto il Paese, costringendo milioni di israeliani a cercare riparo.
Il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha rilasciato una dichiarazione netta, affermando che “l’Iran ha attraversato le linee rosse quando ha osato lanciare missili contro i centri abitati civili”, preannunciando una risposta israeliana. Dal fronte iraniano, la reazione non si è fatta attendere: il leader supremo, Ayatollah Ali Khamenei, ha dichiarato che “La Repubblica Islamica trionferà sul regime sionista, per volontà di Dio”, reiterando la determinazione di Teheran. A Tel Aviv, il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha contrattaccato, affermando perentoriamente: “In arrivo altri attacchi contro il regime”, lasciando presagire una spirale di violenza di difficile contenimento.
L’escalation ha assunto un carattere ancora più allarmante con le rivelazioni giunte dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Il direttore generale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), Rafael Grossi, ha confermato che nei raid israeliani di ieri è stato distrutto un impianto nucleare iraniano “costruito in superficie, dove veniva arricchito l’uranio fino al 60%”. Grossi ha aggiunto che la distruzione ha causato una “gestibile contaminazione radiologica e chimica”, un dettaglio che solleva gravi interrogativi sulle conseguenze ambientali e sanitarie a lungo termine di questo conflitto.
La comunità internazionale è in massima allerta. Le cancellerie di tutto il mondo lavorano febbrilmente per tentare di disinnescare una crisi che minaccia di infiammare l’intera regione, con ricadute imprevedibili sulla stabilità globale e sull’economia mondiale. Mentre i timori di un conflitto su vasta scala crescono di ora in ora, gli occhi del mondo sono puntati sul Medio Oriente, sperando che la ragione possa prevalere prima che la situazione precipiti definitivamente in un baratro senza ritorno.
