Il celebre fotografo brasiliano Sebastião Salgado, noto per i suoi intensi reportage in bianco e nero che hanno documentato l’umanità e la natura in tutto il mondo, è morto all’età di 81 anni a Parigi. La notizia della sua scomparsa è stata diffusa nella serata di oggi.
“Attraverso l’obiettivo della sua macchina fotografica, si è battuto senza tregua per un mondo più giusto, più umano e più ecologico”, ha sottolineato la famiglia in una nota. Sebastião Salgado ha viaggiato instancabilmente per il globo, immortalando con la sua arte le condizioni umane, il lavoro e la bellezza fragile del nostro pianeta. Proprio durante il suo monumentale progetto Genesis in Indonesia nel 2010, contrasse una forma particolare di malaria. Quindici anni dopo, le complicazioni di questa malattia si sono trasformate in una severa leucemia, che ne ha causato la morte.
Il presidente del Brasile Luiz Inácio Lula da Silva ha espresso il suo cordoglio, definendo Salgado “Uno dei più grandi fotografi al mondo, se non il più grande“. Ricordando l’artista con un minuto di silenzio, Lula ha sottolineato come “Salgado non usasse solo gli occhi e la macchina fotografica per ritrarre le persone, ma anche la pienezza del suo cuore“.
Salgado aveva recentemente annullato la sua partecipazione a diversi eventi a causa di problemi di salute, tra cui l’inaugurazione delle vetrate disegnate dal figlio Rodrigo a Reims e l’apertura della sua mostra Ghiacciai al Museo di Arte moderna e contemporanea di Trento. La mostra, che presenta 54 scatti inediti, rimarrà aperta fino al 21 settembre.
Nato nel 1944 ad Aimorés, in Brasile, Salgado aveva studiato economia prima di dedicarsi alla fotografia nel 1973. Il suo impegno politico lo aveva portato a trasferirsi in Francia nel 1969, in fuga dalla dittatura militare brasiliana.
L’Istituto Terra, fondato da Salgado insieme alla moglie Lélia Wanick, ha ricordato il suo fondatore come un uomo che “ha seminato speranza dove c’era devastazione, ed ha fatto fiorire l’idea che il ripristino ambientale sia anche un profondo gesto d’amore per l’umanità”.
Nel corso della sua straordinaria carriera, Salgado ha visitato oltre 100 paesi, realizzando progetti fotografici iconici incentrati sulla dignità umana, la natura e il mondo del lavoro. Tra le sue opere più celebri figurano Exodus – Umanità in movimento, un potente racconto delle migrazioni umane attraverso 180 scatti realizzati in quattro continenti, e il suo immersivo lavoro in Amazzonia, culminato nella mostra Amazônia, che celebra la ricchezza della foresta pluviale e le culture indigene.
Nel 2014, il documentario Il sale della terra, co-diretto dal regista Wim Wenders e dal figlio di Sebastião, Juliano Ribeiro Salgado, ha ottenuto numerosi riconoscimenti, tra cui un premio al Festival di Cannes e una nomination all’Oscar.
In una delle sue ultime interviste, rilasciata nel 2024, Salgado aveva annunciato il suo ritiro dal lavoro sul campo, riflettendo sulla sua lunga e intensa carriera: “Ora devo solo morire. Ho avuto una carriera di 50 anni e ho 80 anni. Sono più vicino alla morte che a qualsiasi altra cosa. Una persona vive al massimo 90 anni. Quindi non sono lontano”. Con la sua scomparsa, il mondo perde un testimone visivo straordinario e un instancabile difensore del nostro pianeta e dell’umanità.
