NUORO – Un’imponente operazione dei Carabinieri, coordinata dalla Procura della Repubblica di Livorno, ha portato all’arresto di 11 persone ritenute responsabili, a vario titolo, della violenta rapina ai due furgoni portavalori avvenuta lo scorso 28 marzo sulla SS1 Aurelia nel comune di San Vincenzo , in provincia di Livorno. L’operazione, denominata “Drago”, ha visto l’impiego di oltre 300 militari del Comando Provinciale di Livorno, supportati da reparti speciali come il R.O.S., il GIS, il 1° Reggimento Paracadutisti “Tuscania”, gli Squadroni Eliportati “Cacciatori Sardegna e Sicilia”, i SOS dei Battaglioni Toscana e Sardegna, i Nuclei Elicotteri di Pisa ed Elmas e il Nucleo Cinofili di Firenze.

Il portavalori crivellato di colpi
GLI ARRESTI – Gli arresti, effettuati tra Sardegna, Toscana, Lazio, Umbria e Emilia Romagna, sono in tutto undici, tutti pregiudicati per reati quali rapina e detenzione abusiva di armi, tutti di età compresa tra i 33 e i 54 anni e originari di diverse zone della Sardegna (Ogliastra, Baronia, Barbagia, piana di Ottana e Goceano), devono rispondere di accuse gravissime: rapina pluriaggravata, furto aggravato, ricettazione, porto abusivo in luogo pubblico di armi da guerra, munizioni ed esplosivi. Nello specifico si tratta di Alberto Mura (1985), residente a Ottana; Antonio Moni (1979), domiciliato a Castelnuovo Val di Cecina; Francesco Palmas (1980) di Jerzu; Francesco Rocca (1978) di Orotelli; Franco Piras (1979) residente a Bari Sardo; Giovanni Columbu (1985) di Ollolai; Marco Sulis (1989) domiciliato a Villagrande Strisaili; Nicola Fois (1992) di Girasole; Renzo Cherchi (1986) residente a Irgoli; Salvatore Campus (1974) di Olzai e Salvatore Giovanni Antonio Tilocca (1980) di Ozieri, ma residente a Bottidda. È, invece, indagato a piede libero Antonio Stochino (1978) di Arzana: per lui il giudice ha rigettato la richiesta di misura cautelare del pm di Livorno.

Il portavalori distrutto nella rapina
LE INDAGINI – Le indagini, coordinate dal procuratore Maurizio Agnello, condotte dalla sostituta Ezia Mancusi e attuate dal locale Nucleo investigativo, guidati dal colonnello Piercarmine Sante Sica, e supportati dai colleghi di Nuoro, Pisa e Bologna, hanno fatto luce sul cruento assalto in cui un commando armato e travisato, con accento sardo, si impossessò di circa 3 milioni di euro. La fuga avvenne a bordo di due SUV Volvo rubati, con targhe anch’esse rubate, e di un terzo veicolo rapinato sul posto, insieme alle armi delle tre guardie giurate.

Un’immagine dell’assalto al portavalori
Attraverso intercettazioni, attività di osservazione e l’analisi di numerose telecamere di sorveglianza, gli investigatori hanno ricostruito i legami tra gli indagati, descritti come principalmente allevatori e coltivatori diretti con una spiccata specializzazione in rapine e nell’uso di armi, anche da guerra. L’organizzazione della rapina è stata meticolosa, con attività preparatorie durate mesi, creazione di alibi e reperimento dei veicoli utilizzati, due dei quali rubati a Siena nell’ottobre precedente e poi dati alle fiamme dopo l’assalto. Un’attenta ricostruzione dei transiti veicolari ha permesso di tracciare i movimenti della banda tra Toscana, Emilia Romagna, Lazio, Umbria e Sardegna. In pochi giorni, le tre auto utilizzate per la fuga sono state ritrovate in zone impervie della provincia pisana. Di fondamentale importanza sono stati i riscontri del Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche (RIS). Analisi STUB eseguite dal RIS di Cagliari su due indagati e perquisizioni hanno portato al ritrovamento di materiale probatorio significativo. Tra le ceneri di un fuoco è stato rinvenuto un “burner phone“, un cellulare senza connessione internet, risultato dello stesso modello di quelli utilizzati per coordinare l’azione dei rapinatori, come accertato dal RIS di Roma.
Le indagini hanno rivelato che gli indagati si erano organizzati per eludere i sospetti, partendo scaglionati dalla Sardegna e sbarcando in porti diversi nei giorni precedenti la rapina, per poi rientrare sull’Isola subito dopo l’evento. Un “palo” è stato individuato mentre attendeva per oltre tre ore nei pressi della rotonda di immissione sull’Aurelia, effettuando una telefonata nel momento esatto del passaggio dei portavalori. Un altro indagato, residente da anni nell’entroterra pisano, ha fornito supporto logistico e ospitalità, nascondendo i veicoli e offrendo rifugio dopo la rapina, tentando poi di eliminare le tracce bruciando le auto.
LA SVOLTA – A dare una svolta all’operazione, il ritrovamento nelle scorse ore, in un casolare in provincia di Pisa, di uno dei mezzi utilizzati per il colpo, di una certa quantità di materiale esplosivo (sono in corso gli esami di laboratorio per capire se sia dello stesso tipo utilizzato nell’assalto al portavalori), di un telefono cellulare (del tipo privo di connessione internet) e, soprattutto, di un bigliettino con alcuni numeri di telefono.
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