CPR: un inferno anche a Macomer, il grido d’allarme del TAI

Salvatore

Per la tua pubblicità su Cronache Nuoresi scrivi una mail a: commerciale@cronachenuoresi.it o chiama il n. +39 324 952 7229

CPR: un inferno anche a Macomer, il grido d’allarme del TAI

martedì 10 Dicembre 2024 - 12:03
CPR: un inferno anche a Macomer, il grido d’allarme del TAI

Il CPR di Macomer (foto Cronache Nuoresi)

Macomer è finita sotto i riflettori per le condizioni critiche del suo Centro di Permanenza per il Rimpatrio (CPR), denunciate dal Tavolo Asilo e Immigrazione (TAI).

Il rapporto presentato dal TAI in occasione della Giornata mondiale dei Diritti Umani dipinge un quadro allarmante della situazione nei CPR italiani, tra cui quello di Macomer.

Il rapporto, frutto di un’indagine approfondita condotta su otto centri, tra cui quello sardo, evidenzia come i CPR siano diventati una realtà disumana, lontana anni luce dagli standard internazionali. A Macomer, come negli altri centri  Gradisca d’Isonzo, Milano, Palazzo San Gervasio, Pian del Lago, Restinco e Roma, si registrano casi di maltrattamenti, carenze sanitarie, sovraffollamento e un uso eccessivo di psicofarmaci.

“I CPR sono un fallimento su tutta la linea”, ha dichiarato Filippo Miraglia, coordinatore del TAI. “Non solo non raggiungono l’obiettivo dei rimpatri, ma rappresentano una ferita aperta nello Stato di diritto”.

Il caso di Macomer sottolinea come il problema dei CPR sia diffuso in tutto il territorio nazionale e come sia urgente intervenire per porre fine a questa situazione. Le richieste del TAI sono chiare: chiusura dei CPR, riforma del sistema di accoglienza e tutela dei diritti dei migranti.

IL RAPPORTO – L’indagine è stata elaborata a partire dai contributi delle delegazioni che hanno effettuato le visite di rappresentanti politici e di oltre 40 organizzazioni della società civile, incrociati con le numerose evidenze emerse nel corso degli anni e con i dati della piattaforma “Trattenuti” di ActionAid e Università di Bari. Creati nel 1998 per garantire rimpatri efficienti, i Cpr non assolvono più alla loro funzione. Tra il 2018 e il 2023, quasi 33.000 persone sono state trattenute nei Cpr, 6700 circa nel 2023. I tunisini rappresentano quasi la metà dei trattenuti, hanno una percentuale di rimpatrio del 70% (per le altre nazionalità, il tasso scende sotto l’8%), ma sono solo l’11% delle persone giunte in Italia nel 2023. Quanto agli ordini di allontanamento, cioè alle persone “da rimpatriare per legge”, il fallimento – ha sottolineato il Tai – del sistema detentivo è completo: tra 2014 e 2023 i rimpatri dai Cpr non superano mai il 12% degli ordini di allontanamento. Il tutto con “un costo enorme”. Negli ultimi sei anni, per il sistema Cpr sono stati spersi “oltre 92 milioni di euro, con una media annuale di 1,6 milioni per struttura e con un costo giornaliero per trattenuto che oscilla, nel 2023, tra i 30 e i 42 euro” . Sul versante della durata della detenzione, ha sottolineato il Tavolo, è spesso determinata “dalla casualità o dalla capacità ricettiva dei centri”, che funziona al di sotto del 51% del potenziale. Molti trattenuti vengono rilasciati per decorrenza dei termini (massimo 18 mesi) o per provvedimenti giudiziari (18,8% dei casi). In diversi Cpr, come a Roma e Milano, si è registrato un uso massiccio di psicofarmaci, mentre le emergenze sanitarie vengono affrontate con ritardi e protocolli insufficienti, a cui si aggiungono strutture e bagni fatiscenti, mancanza di spazi ricreativi e alimentazione insufficiente e mal gestita. La stima del Tai è che dal 1998 ad oggi siano oltre 30 le persone che hanno perso la vita nei Cpr, le ultime due quest’anno, appena maggiorenni, nei Cpr di Ponte Galeria e Palazzo San Gervasio.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta
Sostieni l'informazione libera e indipendente di Cronache Nuoresi