Cultura sarda, giocattoli e giochi tipici della regione

Sonia

Cultura sarda, giocattoli e giochi tipici della regione

venerdì 10 Maggio 2024 - 16:22
Cultura sarda, giocattoli e giochi tipici della regione

Il gioco ha sempre fatto parte della cultura dei popoli e ancora oggi rinvenire reperti d’epoca è d’aiuto per intuire usanze e costumi del passato. Ricavare informazioni del genere diventa sempre più difficile col passare del tempo, perché nel terzo millennio le principali forme di intrattenimento sono prevalentemente digitali e l’attenzione dei giovani è raramente catturata da altre attività ludiche si possono svolgere solo dal vivo. La cultura sarda è però piena zeppa di giochi tipici che risultano conosciuti anche ai giorni nostri, tanto è vero che esistono delle specifiche associazioni nate proprio per preservare i cosiddetti “giogus antigus”.

Tra questi troviamo in primis bambole e cavalli di legno. In particolare, le “pipìas de canna e de zappu” erano pupazzi realizzati con materiali prettamente casalinghi, come avanzi di stoffa, che venivano effettivamente cuciti sul resto della bambola, che di solito prendeva forma per mezzo di semplici stracci arrotolati. La paglia e la lana venivano adoperate per realizzare i capelli. Analogamente, attraverso una canna si poteva formare un “cuaddu de canna”, cioè un finto cavallo da cavalcare. Alla canna veniva agganciata una testa di legno, che simulava il capo dell’equino. Un tempo i bambini si divertivano a sfidarsi addirittura in delle vere e proprie corse, limitandosi a saltellare di fatto sui loro cavalli.

Anche le trottole erano piuttosto gettonate in Sardegna, dove erano note perlopiù col nome di “sa bardunfula”. Bastava un pezzo di legno conico al quale aggiungere una punta di metallo che fungesse da base per realizzare la propria trottola. Alla fine bastava avvolgere il tutto con abbondante spago per poter lanciare il proprio giocattolo e farlo girare per terra. Ovviamente, a prevalere nelle sfide era il possessore della trottola che si fermava per ultima. Simile alla trottola era inoltre il “su stentu”, ossia una versione casereccia del più classico yo-yo. In questo caso, però, risultava molto più complicato inventarsi delle regole per gareggiare con gli altri.

Ad emergere tra i giochi all’aperto era comunque il tirone. Per terra si disegnava una sorta di tabellone con delle caselle disposte in un determinato ordine. Rimanendo in equilibrio su una sola gamba si doveva calciare un coccio, che se finiva su una delle righe che delimitavano una casella faceva sì che quella successiva divenisse dell’altro giocatore. Nel turno seguente, pertanto, era necessario saltare oltre quella casella. La torre, invece, vedeva i ragazzini salire uno sopra l’altro come a voler creare una piramide umana. La squadra che cadeva per prima, ovviamente, perdeva. Anche le più classiche filastrocche e persino le poesie rientravano nella cerchia dei più comuni giochi di strada.

A risultare in voga in Sardegna erano anche i giochi di carte. Scopa, briscola e burraco sono molto diffusi e in virtù della loro popolarità non è raro trovare informazioni al riguardo in rete o su un blog sul mondo dei giochi. Tra i giochi di carte che possono essere considerati però tipici della Sardegna c’è soprattutto la Mariglia, inventata in Spagna: una specie di variante del bridge che si gioca prevalentemente nel nord della regione. Ad affrontarsi sono 2 coppie di giocatori che devono raggiungere un punteggio prestabilito, da un minimo di 45 ad un massimo di 71.

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