In fuga dalla guerra in Ucraina. Viaggio al campo profughi di Przemyśl – seconda parte

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ARRIVO A PRZEMYŚL – Dopo un giorno e mezzo di viaggio e aver attraversato prima l’Italia e poi l’intera Europa, alle 12,30 di sabato 19 marzo entriamo Przemyśl. Pochi attimi dopo incrociamo alcuni ragazzini poco meno che dodici-tredicenni, che con sguardo fiero indossano la divisa militare, pare, per solidarietà con i fratelli ucraini.

Finalmente raggiungiamo l’oratorio della chiesa salesiana di San Giuseppe, dove consegniamo il nostro prezioso carico di beni di prima necessità e i medicinali nelle mani dei giovani volontari coordinati da suor Anna, che si occuperà poi di recapitarli negli ospedali di Kiev.

Consegna dei medicinali a Przemyśl, in Polonia (foto S.Novellu)

«Abbiamo paura – raccontano, invece, due signore che passeggiano per strada a breve distanza dalla chiesa – ma cosa dobbiamo fare, purtroppo possiamo solo sperare che tutto questo finisca al più presto».

Da qui nuovamente in viaggio per il campo profughi, allestito all’interno di un enorme parcheggio posto tra alcuni centri commerciali e l’autostrada che conduce direttamente a Leopoli.

Al campo profughi di Przemyśl, in Polonia (foto S.Novellu)

IL CAMPO PROFUGHI – Le persone che  incontriamo al campo sono esattamente come noi, come le nostre mamme, come i nostri figli, ma che hanno avuto la sfortuna di aver perso la propria quotidianità e sperano di poterla riavere al più presto. Anche qui volontari provenienti da tutta Europa, coordinati da Croce Rossa ed esercito, scaricano gli aiuti dai propri furgoni per fare posto ai profughi che porteranno in salvo, lontano dalla guerra.

Al campo profughi di Przemyśl, in Polonia (foto S.Novellu)

Da una parte si osserva un afflusso ininterrotto soprattutto di donne e bambini, dall’altra, seduti sulle valigie o appoggi di fortuna in attesa che qualche congiunto li raggiunga, ovunque anziani con lo sguardo perso nel vuoto, consapevoli che probabilmente non potranno più fare ritorno a casa. Anche se con un velo di tristezza, intanto, i bambini gioiscono dei giochi che qualche volontario si premura di distribuire loro.

Al campo profughi di Przemyśl, in Polonia (foto S.Novellu)

Il campo è delimitato da una parte dalle tende che ospitano temporaneamente le migliaia di profughi che ogni giorno vi transitano, dall’altra i servizi igienici e l’area ristoro, dove vengono serviti di continuo pasti caldi e, infine, la sezione in cui vengono registrati i dati e la destinazione delle persone in partenza.

Al campo profughi di Przemyśl, in Polonia (foto S.Novellu)

Questa gente è caratterizzata da profonda umiltà ma anche da grande orgoglio. Si parla poco in prima persona e tanto a nome del proprio popolo. In un mondo in cui tutti condividono tutto sui social, inoltre, è strano come in queste settimane ci sia stata una pochissima circolazione di immagini da parte dei cittadini ucraini, a parte gli scatti diffusi dalle agenzie internazionali e quelle “ufficiali” rilasciate sui vari canali Telegram. «La leadership del nostro paese – spiega Nadiya, una ragazza in fuga da Kiev col suo bambino di neanche un anno, che prima del conflitto era socio di un noto studio legale – chiede di non scattare o pubblicare foto e video in tempo reale sulle conseguenze degli attacchi, in quanto ciò consentirebbe all’intelligence russa di vedere i risultati dei loro colpi, nonché il dispiegamento del nostro personale militare che abbatte i missili».

Al campo profughi di Przemyśl, in Polonia (foto S.Novellu)

Una coppia tedesca racconta di aver portato un po’ di cose per i profughi ma si rammarica di non essere organizzata per portare in salvo delle persone: «dopo aver visto questo strazio vorremo portare con noi quante più persone possibile, ma non si può, non sapremmo dove ospitarle».

Al campo profughi di Przemyśl, in Polonia (foto S.Novellu)

Il tempo a disposizione, intanto, è terminato. Il nostro gruppo è arrivato: si tratta di 19 donne e 11 bambini, quasi tutti provenienti da Kiev. Si controllano accuratamente i documenti e il possesso del green pass (nonostante la guerra, il Covid è sempre in agguato) e, caricati i pochi bagagli, si riparte.  SEGUE (LEGGI QUÌ)

Salvatore Novellu – © Tutti i diritti riservati su foto e testo

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Salvatore