Nel Montiferru, ormai questo è uno scenario ricorrente: ettari e ettari di oliveti ridotti in cenere dall’incendio che qualche settimane fa ha messo in ginocchio l’economia di Cuglieri, Santu Lussurgiu, Scano, Sennariolo e Tresnuraghes.

E non si tratta solo di un danno economico e naturalistico ma nella maggior parte dei casi anche di veri e propri drammi familiari. Non è infrequente in questi giorni vedere le persone piangere davanti a quel che resta dei propri alberi, spesso dei veri e propri giganti ridotti a brandelli carbonizzati dal fuoco che li ha svuotati fino alle radici, un boccone amaro da digerire, vedere ridotto in cenere il lavoro dei propri avi.

E quello dell’olivicoltura non è certo un lavoro semplice, sia che lo si pratichi a livello professionale, come le tante aziende della zona danneggiate dal fuoco, sia amatoriale, per produrre la provvista familiare d’olio e olive da confetto.

Qualcuno ha ipotizzato il reimpianto delle colture; una cosa fattibile, certo, ma la storia e gli attimi di vita che si non consumati all’ombra di quelle chiome nello spazio di una notte sono stati cancellati per sempre.

Le immagini di uno dei tanti oliveti secolari distrutti dal fuoco:

Salvatore Novellu © Tutti i diritti riservati