3000 casi di Ictus all’anno nella nostra Isola: fondamentale riconoscere i sintomi

Sonia

3000 casi di Ictus all’anno nella nostra Isola: fondamentale riconoscere i sintomi

venerdì 25 Ottobre 2019 - 13:28
3000 casi di Ictus all’anno nella nostra Isola: fondamentale riconoscere i sintomi

Cagliari, l'ospedale Brotzu (foto S.Novellu)

Conoscere la sintomatologia dell’ictus è fondamentale, per riconoscere ed evitare ciò che di fatto è diventata la terza causa di morte nel mondo occidentale, inclusa la Sardegna, ed al primo posto per le conseguenti invalidità fisiche e disabilità mentali.

Oltre al riconoscimento dei sintomi è fondamentale l’informazione: nella Giornata mondiale contro l’ictus del 29 ottobre saranno affrontati e discussi questi temi a livello globale e locale.

La Sardegna, ad esempio per quanto riguarda l’operatività, vanta da 18 anni la Stroke Unit dell’Azienda Ospedaliera Brotzu di Cagliari, guidata dal dottor Maurizio Melis, direttore del Reparto di Neurologia.

«Una corretta terapia, specie nelle prime ore, consente non solo la sopravvivenza ma anche una migliore qualità di vita dopo l’evento – ha spiegato Melis – e se si è lavorato tanto per la prevenzione dell’infarto in questi anni, meno si è fatto per riconoscere un ictus, per questo l’informazione ai cittadini è fondamentale. Un terzo della popolazione non sa riconoscere i sintomi di questa malattia. L’ictus oggi fa meno paura ma è fondamentale che il paziente arrivi in tempo in ospedale. Di fronte a un possibile ictus bisogna subito chiamare il 118 che sa dove accompagnare il paziente, mai recarsi di persona in ospedale, perché il tempo è prezioso. Quattro ore e mezza per il trattamento endovenoso e sei ore per quello meccanico sono i tempi entro cui si può intervenire per salvare il paziente. In alcuni casi selezionati i tempi di intervento possono essere anche più lunghi. Gli operatori del 118 ci avvisano durante il trasporto spiegandoci i sintomi e noi siamo pronti per intervenire ottimizzando i tempi”.

La Stroke Unit del Brotzu fanno parte gli specialisti Licia Pinna, Jessica Moller, Piernicola Marchi e Valeria Piras, 15 infermieri, cinque operatori sociosanitari, oltre che medici, fisioterapisti e un logopedista della SSD di Fisiatria; sono disponibli 13 posti letto, ai quali si aggiungono i sei posti letto ciascuno nelle Unità degli ospedali di Sassari e Nuoro.

Si tratta di un vero e proprio approccio multidisciplinare; con i neurologi operano i reparti di Cardiologia emodinamica e di Neuroradiologia.

Mentre le cifre e i dati sugli interventi sono positivi non si può dire lo stesso dell’incidenza:  sono oltre 500 i ricoveri all’anno al Brotzu ma risulta che in Sardegna le persone colpite da ictus siano circa 3000 l’anno.

Nel 2018 le dimissioni codici Ictus sono state 579, un dato cresciuto del 65% negli ultimi 15 anni.

«L’85% riguarda ictus ischemici – ha precisato il dottor Melis – cioè provocato dal mancato arrivo di sangue in una zona del cervello per la formazione di trombi o per il distacco di emboli, che bloccano lo scorrimento del sangue. Meno frequenti sono gli ictus emorragici, cioè dovuti alla rottura delle arterie del cervello che causano appunto un’emorragia cerebrale».

I sintomi sono facilmente riconoscibili e sono: debolezza degli arti di un lato del corpo e asimmetria della bocca, difficoltà nel linguaggio, perdita di metà del campo visivo ed una cefalea spesso a violenta e improvvisa.

«La maggior parte degli ictus si presenta nella seconda metà della vita. La pressione arteriosa alta è in questa fascia d’età la causa principale dei danni della parete delle arterie – ha concluso Melis -ma la prevenzione può ridurre di oltre il 50% il rischio di ictus. I pilastri della prevenzione sono, come per tutte le malattie cardiovascolari, l’abolizione del fumo, il consumo moderato di sostanze alcoliche, l’attività motoria costante, la dieta mediterranea e il controllo della colesterolemia. La Fibrillazione atriale è un disturbo del ritmo cardiaco che può aumentare di 5 volte il rischio di un ictus, un corretto trattamento riduce di oltre il 70% tale rischio».

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