Le inchieste di Cronache Nuoresi. Non solo eroina: i pericolosi estremi dei giovani

Sonia

Le inchieste di Cronache Nuoresi. Non solo eroina: i pericolosi estremi dei giovani

venerdì 23 Novembre 2018 - 09:50
Le inchieste di Cronache Nuoresi. Non solo eroina: i pericolosi estremi dei giovani

L’articolo, di oggi, inaugura un viaggio nel mondo giovanile  a cura di Maria Annunziata Giannotti per Indagare e approfondire le tante sfaccettature delle nuove generazioni.

Questo significa percorrere più strade: partendo dalle problematiche sociali fino ai fenomeni di tendenza, ai Social, agli stupefacenti, si analizzeranno i territori in cui si insinuano le debolezze e le pericolose conseguenze che possono colpire i minori in cui l’eroina è solo una delle tante trappole in cui si può cadere.

Analizzare, conoscere, parlare di questi fenomeni può aiutare il difficile compito di genitori e adulti: con una serie di approfondimenti che hanno l’ambizione di rendersi utili alla conoscenza dell’entroterra giovanile, con interviste ad operatori del settore e professionisti del sociale, si analizzerà chi e cosa affrontano nella quotidianità i nostri ragazzi.

Il fenomeno Hikikomori: quando l’isolamento diventa grave

Si  inizia con il voler vivere qualche giornata in solitudine, chiusi in camera. Dopo una delusione, una sconfitta, un episodio di bullismo. Ci si chiude sempre più, mentre le giornate scorrono nell’oscurità delle tende chiuse, davanti al bagliore di un PC acceso. Il sole resta fuori, nelle aule suonano le campanelle, non si frequentano più gli amici, si decide di restare nel confort del microcosmo familiare con la paura di dover affrontare qualcosa che non si potrebbe gestire, come l’essere vittima del bullismo. Infine ci si isola totalmente, fino all’isolamento sociale e all’estremo Hikikomori. Il termine giapponese significa letteralmente “stare in disparte” ovvero ciò che diventa necessario per i più dei centomila ragazzi italiani – con dati in crescita anche in Sardegna – tra i 18 e i 25 anni che si chiudono in casa, in un autoisolamento progressivo che non deve essere sottovalutato o confuso con l’essere dei nerd. Per loro la realtà sociale non è vissuta: i ragazzi Hikikomori vivono autoescludendosi da ogni relazione, lavoro, attività, collegandosi al loro mondo virtuale attraverso il PC o il telefono.

Una della cause potrebbe essere il disagio sociale: «talvolta evidenti ma purtroppo sottovalutati. È bene intervenire subito in modo clinico, pedagogico e sociale, sul gruppo stesso di appartenenza o di non appartenenza» .

A parlare è Gian Luca Beccu, Operatore di Strada e Giudice onorario al tribunale per i minorenni di Sassari. Con Pietro Era, anch’esso Operatore di Strada, ci si interroga sul perché i giovani e in particolare gli adolescenti vogliono isolarsi, e il perché spesso «non viene riconosciuto da chi dovrebbe farlo – da chi cioè ha il compito di indicare una strada senza percorrerla al posto loro – da chi ha il ruolo di consegnare degli strumenti utili a non perdersi nella infinità di stimoli provenienti dal mondo dei giovani, sia esterno che interno. Non si parla di crisi di identità ma di ‘non identità’ che spesso porta a crearsene una distorta, preludio di altre patologie come la depressione o la agorafobia».

«Non sempre, ma spesso – continua Gianluca Beccu– i ragazzi che preferiscono isolarsi sono vittime di bullismo. Si parla spesso di bulli e non di bullizzati, di ragazzi che isolano e non di chi viene isolato. Quello che si sta cercando di fare come operatori del sociale è di uscire dalla semplice analisi dei fenomeni. È vero che le percentuali possono essere utili ma al contempo deve essere lo stimolo per la creazione di percorsi preventivi mirati ad una migliore cognizione di sé e dell’altro da sé».

Gli Hikikomori non sono inattivi: leggono, guardano film, giocano, interagiscono con altri utenti on line, in un mondo virtuale in cui la corporeità non è richiesta. Chiusi nella loro camera, gli autoesclusi non escono dal loro perimetro di sicurezza neppure per mangiare, mentre il ritmo sonno-veglia è completamente ribaltato, a causa della perdita della percezione del tempo che scorre.

Come si spiega? «Spesso i giovani tendono a enfatizzare e a rendere insormontabili i propri compiti dello sviluppo: questo crea in loro forti frustrazioni e senso di inadeguatezza. Sta a noi adulti, genitori e operatori del sociale individuare i campanelli d’allarme. A parer mio ci si sta soffermando troppo sul dato statistico che ha indubbiamente la sua utilità ma deve essere un punto di partenza e non la conclusione di un intervento educativo. Da tempo come operatori di strada facciamo interventi nelle diverse scuole di Nuoro e non sempre attendiamo che un problema si manifesti: spesso lo anticipiamo con percorsi di prevenzione primaria, con lo scopo di motivare i ragazzi, aiutarli a rafforzare il proprio sé, spingerli a non isolare i propri pari o a maltrattarli».

Quindi il fenomeno dilagante dell’Hikikomori può essere una delle conferme generali del disagio sociale in cui vivono sempre più i nostri ragazzi: per affrontare e uscire da questo pericoloso fenomeno – raccontato con enfasi da Manga e film – “Bisogna creare maggiori confronti tra i giovani, avere più fiducia nelle loro capacità critiche e soprattutto, ascoltarli”.

M. Annunziata Giannotti

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