“S’Ocru malu”: non è vero ma ci credo

Sonia

“S’Ocru malu”: non è vero ma ci credo

martedì 31 Maggio 2016 - 06:15

Non c’è tempo o progresso che tenga, né contesto sociale o status che conti: la superstizione è attuale e diffusa. Sguardi d’invidia, complimenti non sinceri e poi d’improvviso sonnolenza, inappetenza, emicrania, situazioni lavorative o affettive che si complicano, crisi esistenziali.

Attenti tutti: può essere S’Ocru malu.

Il concetto è arcaico e ben radicato, studiato da più discipline e trascritto nei libri di storia, negato e deriso, ma caratterizzato da tradizioni regionali e da comuni idiomi. È l’invisibile energia negativa che viene scagliata, anche involontariamente, da qualcuno che invidia qualcun altro o peggio, gli vuole del male.

Ovviamente non vi è certezza: ma è proprio quel vago presentimento, misto a superstizione e fede, che affascina la parte irrazionale di molti e che combattono a modo loro l’avanzare del piccolo maleficio.

C’è chi respinge il fenomeno con conferme scientifiche e ateismo sfrontato e chi invece si giustifica con l’esistenza della dicotomia Male – Bene, esistente e non dimostrabile, e porta addosso la scaramanzia: un capo del vestiario al rovescio oppure un amuleto, forse due spilli incrociati su una stoffa o peggio, un osceno cornetto. Questi sono solo alcuni dei simboli che proteggono dagli influssi negativi e in taluni casi maligni, scacciando malocchi e fatture.

Il male può colpire anche i nostri amici animali e può addirittura farli morire, indifesi e privi di metodi di esternazione: anticamente la conferma arrivava dal cuore, che se trovato privo di sangue, ovvero assuttu, confermava che qualcuno aveva “gettato il malocchio”.

In una Sardegna autoctona e arcaica di “pratiche” atte a togliere l’influsso maligno, solo le donne adatte conoscono i rimedi efficaci. E solo donne possono essere. Esse non confidano ad altri il rituale – sos Brebos – che pronunciano sottovoce e in latino, recitate in presenza del colpito, né rivelano il colpevole che soltanto loro riescono a individuare. Questa figura femminile, detta anche sa Maghiaria in entrambe le accezioni, non opera per lucro. Con un piccolo dono come zucchero e caffè e una frase di riconoscenza come Deus ti lu pachet, il tributo è assolto.

Anche negli ambienti dove risiedono forza e natura, come il mondo della pastorizia e dell’agricoltura, può svolgersi un rito ancestrale di preghiere e acqua benedetta di tre chiese gettata sui pascoli, perché anche il bestiame può essere vittima di malefici, con la campagna che ha visto una buona annata.

I nascituri, una nuova auto, uno stato di forma e bellezza, un avanzamento nella carriera: i destinatari e il motivo del malocchio possono essere tanti.

Sulle persone colpite dalla negatività gli abiti al rovescio hanno effetto immediato e costante poiché indicano il capovolgimento della situazione negativa augurata da sos Corbos, che possono essere iettatori attivi o anche pindacci inconsapevoli che l’invidia del bene e della bellezza altrui può ghettare ocru malu.

In caso di nascite, per le nonne del piccolo, era ed è d’obbligo donare su Cocco o Sabegia – «… nient’altro che il catalano adzabeja che designa il gavazzo o l’ambra nera»- scriveva M.L. Wagner, affascinato da tanto mistero. Una pietra scura in grado di deviare su di sé l’influenza negativa purché venga indossato con catene d’argento poiché l’oro ne annulla l’effetto.

Un tipico amuleto contro il malocchio: su Cocco

Un tipico amuleto contro il malocchio: su Cocco

Su Cocco simboleggia l’occhio buono, quello che annienta il male, così come la pietra marina detta “l’occhio di Santa Lucia” ritenuta potente anche per guarire malattie oftalmiche, da poter incastonare su preziosi o stoffa (sa fetta), insieme ad altre pietre con forme oculari il cui ruolo apotropaico richiamano lo sguardo malefico di chi provoca il danno, simboleggiando l’opposizione all’occhio cattivo.

E’ importante sapere che molti di questi amuleti devono essere donati giacché l’acquisto o il prestito annullano la loro efficacia.

Anche il proteggere ambiti ed eventi importanti ha un suo rituale.

Fino a qualche anno fa, per augurare alla puerpera delle montate lattee abbondanti, si faceva indossare sul suo petto sa Preda ‘e latte, una pietra a forma di cuore trattata con i riti del caso, oppure le più generiche su Nudeu (derivante dalla parola Agnus Dei), piccole teche di argento contenenti due stoffe damascate di velluto o raso. Nel mezzo di esse vengono custoditi brevi scritti anti-malocchio, ben ripiegati e ignoti anche a chi li indossa. Oltre all’elegante nudeu vi è la sobria sa Punga, una borsina realizzata con un broccato o un panno più economico, rettangolare o quadrata, munita di asola e di cordoncino nero o verde, da indossare sul collo o sulla biancheria. Sas Pungas possono avere diverse dimensioni fino a sembrare borsette e possono contenere erbe efficaci come lo spigo e la ruta, risultanti attivi contro l’occhio cattivo. Sas Pungas sono ancora abbastanza diffuse, incluse nell’eredità tra corredi e preziosi. A differenza di altri amuleti questa non ha subito ostracismi dalla Chiesa, in quanto esse possono contenere anche immagini di santi e de Sa Signora – la Madonna – mentre tutte le altre pratiche e gli amuleti vari non sono né riconosciuti né ammessi dal mondo ecclesiastico.

Anche i peggiori banditi detenevano sa Punga. Il suo potere infatti allontana la morte, altresì quella violenta. Se questa viene però sottratta o rubata, modifica sul ladro la sua valenza, da positiva in negativa.

Su ovili e tanche invece ancora oggi si appendono sull’uscio un paio di corna o il cranio di un bovino, che allontanano presenze malefiche o negative. Se passeggiando nelle campagne, avvistate un cancello adornato da ossa craniche, non giudicate e non immaginate atti macabri o messaggi subliminali: quell’ovile e i suoi animali vogliono solo essere protetti.

Certo, è solo superstizione. Ogni male ha certamente una causa e un modo per risolverla.

Ma se credete ai cugurri e nessuno vi omaggia di certi amuleti, impegnatevi almeno a fare sas Ficcas, nel fai-da-te immediato del pollice tra indice e medio a pugno chiuso. In quel caso s’idea mala, il rancore, l’invidia o il moderno concetto di “gufare” verrà neutralizzato. Anche toccare ferro e sputare tre volte, stando però attenti a non colpire chi vi passa accanto, può distruggere le cattive influenze, mentre è imperituro e molto nuorese replicare sottovoce agli sguardi traversi con un laconico e tagliente: “s’ocru puntu!”. Per poi dire: non è vero ma ci credo.

Maria Annunziata Giannotti

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