Tragedia Orrì. La zia della mamma: Non accuso ma nessuno ha capito

Sonia

Tragedia Orrì. La zia della mamma: Non accuso ma nessuno ha capito

giovedì 19 Febbraio 2015 - 06:45
Tragedia Orrì. La zia della mamma: Non accuso ma nessuno ha capito

Un ferito caricato sull'ambulanza dai medici del 118

Personale del 118 sul luogo dell'intervento

Personale del 118 sul luogo dell’intervento

Punta il dito contro i medici di base che non hanno saputo curare il malessere che stava tormentando sua nipote e si lamenta di alcune frasi utilizzate dalla stampa per descrivere la tragedia.

È una lettera lucida e amara quella inviata ai direttori delle testate giornalistiche sarde dalla zia della 36enne indagata per omicidio volontario aggravato per aver provocato la morte della sua bimba di 3 anni, gettandosi in mare insieme a lei e al figlio di 4 anni venerdì scorso al lido di Orrì , in Ogliastra.

«Comprendiamo il dovere di cronaca, e ringraziamo la sensibilità dei giornalisti, pur lamentando qualche dato impreciso – scrive la zia – e qualche espressione che definirei rozza ma non per questo meno tagliente e feroce».

Nella lettera la parente descrive la giovane mamma: «Mia nipote – dice – è una ragazza solare, generosa, intelligente, schietta ed estroversa. Consapevole, lei e i familiari, del suo malessere fisico, si è rivolta a un medico cercando rimedio. I primi di una lunga lista di medici, compresi quelli dell’ospedale di Nuoro, sono stati i medici di base i quali di volta in volta, a seconda del sintomo, continuavano a prescriverle antibiotici sorvolando e negando, anche dopo il suggerimento della sorella, uno squilibrio ormonale e fisico che segue il parto (depressione post partum) perché, a loro dire, tale sindrome non si presenta a distanza di due anni dal parto». La zia non accusa nessuno ma vuole «mettere in risalto i buchi di una sanità che lascia privi di formazione continua obbligatoria i presidi di base».

E aggiunge: »Mia nipote ha esternato a tutti, medici e parenti, il suo malessere che da fisico si stava tramutando in psichico e finché ha potuto ha cercato rimedio, sostenuta in questo dal compagno e dai familiari stretti che, per educazione e riconoscendosi incompetenti, non hanno voluto mai alzare la voce con i medici di base, anche se, da profani, intuivano che i farmaci prescritti erano inadeguati al malessere di mia nipote».

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