Una momento di riflessione sulla violenza contro le donne

Sonia

Una momento di riflessione sulla violenza contro le donne

mercoledì 26 Novembre 2014 - 09:21
Mafalda (Quino)

Mafalda (Quino)

Si è celebrata ieri, 25 novembre, in tutto il mondo la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

Internazionale perché il fenomeno è presente in tutti i paesi, indipendentemente da fattori sociali, economici e culturali. La violenza di genere è manifesta quando si parla di violenza fisica e sessuale ma la violenza di genere è anche di tipo più sottile e infido quando è economica o psicologica e porta all’annullamento della donna, al suo annientamento e spesso al suicidio.

Si può fare qualcosa per combattere la violenza contro le donne?

Questa è la domanda alla quale i centri anti-violenza e le associazioni, impegnati in prima linea 365 giorni all’anno su questo fronte, si pongono. Il 25 novembre così come l’8 marzo diventano due “giornate vetrina” per ricordare a tutti, all’opinione pubblica così come ai nostri rappresentanti nelle Istituzioni (per lo più uomini) che il fenomeno esiste, è reale, è vicino a noi più di quanto possano immaginare.

Cosa serve?

Serve tutto. Serve parlarne, tenere l’attenzione alta su un fenomeno che non conosce ricchezza o povertà, ignoranza o cultura, età né religione.

Questi i dati forniti dal rapporto Eures sul femminicidio in Italia, ogni anno sempre più allarmanti: nel 2013 le donne uccise sono state 179, una ogni due giorni, con un incremento del 14% rispetto alle 157 del 2012. Sono aumentati gli omicidi in ambito familiare e quelli nei contesti conosciuti di amicizia e lavoro. Per quasi 10 anni la metà dei femminicidi è avvenuto al Nord, dal 2013 è diventato il Sud l’area a più alto rischio, con 75 vittime, e il Centro Italia dove il numero delle vittime è raddoppiato.

Nel 2013 ottantuno donne hanno trovato la morte per mano del coniuge, del partner o dell’ex partner; la maggior parte per mano del marito o convivente, cui seguono gli ex coniugi/ex partner ed i partner non conviventi. Una donna su tre è morta ammazzata a”mani nude”, per le percosse, strangolamento o soffocamento. A rilevarlo è sempre il rapporto Eures che mette in relazione tale modalità di esecuzione ad un “più alto grado di violenza e rancore”. Se le armi da fuoco si confermano come strumento principale utilizzato nel femminicidio, cresce d’utilizzo delle “mani nude” e delle armi da taglio.

Il “movente”

Collegato alla modalità di esecuzione è il movente. Quello “passionale o del possesso” continua ad essere il più frequente: è la reazione dell’uomo alla decisione della donna di interrompere/chiudere un legame, più o meno formalizzato, o comunque di non volerlo ricostruire. C’é poi la sfera del “conflitto quotidiano“, della litigiosità anche banale, della gestione della casa, che è alla base del 20,8% dei femminicidi familiari censiti. A questi possono essere aggiunti quelli scaturiti da questioni di interesse o denaro e si tratta prevalentemente di matricidi.
Il femminicidio è spesso un’escalation di violenze e/o vessazioni di carattere fisico. I dati disponibili indicano un’elevata frequenza di maltrattamenti pregressi a danno delle vittime, dei femminicidi di coppia. Eures sottolinea “l’inefficacia/inadeguatezza della risposta istituzionale alla richiesta d’aiuto delle donne vittime di violenza all’interno della coppia, visto che nel 2013 ben il 51,9% delle future vittime di omicidio aveva segnalato/denunciato alle Istituzioni le violenze subite”.

Le iniziative legislative

I corsi per gli operatori ospedalieri, i corsi di difesa personale, l’apertura dei centri di ascolto per uomini maltrattanti, fino ad oggi non sembra abbiano dato risultati positivi e se pensiamo che si discute nei consigli regionali sull’opportunità o meno di finanziare i centri anti-violenza, applicando la spending review anche laddove vi è l’emergenza ogni giorno e non si può fare a meno di quei finanziamenti, la risposta è presto data. Inutile a questo punto citare gli articoli della Costituzione che richiamano alla pari dignità e alla non discriminazione o la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne, la “famosa Convenzione di Istanbul, ratificata ed entrata in vigore in Italia il 1° agosto 2014 se manca la volontà politica di intraprendere delle azioni mirate, incisive, anche a lungo termine.

Un ruolo fondamentale potranno svolgerlo progetti di formazione culturale che accompagnino i percorsi scolastici dei ragazzi, a partire dal primo ciclo di istruzione, fornendo adeguati strumenti di comprensione e di decostruzione critica dei modelli dominanti tuttora e alla base delle relazioni trai sessi.

Il cambiamento dei comportamenti socio-culturali delle donne e degli uomini passa attraverso la scuola

I programmi didattici devono prevedere una quota dedicata alle pari opportunità, al ruolo delle donne e degli uomini nella società e nella famiglia, all’educazione al reciproco rispetto, alla soluzione non violenta dei conflitti interpersonali, al fine di eliminare i pregiudizi e gli stereotipi di genere. La scuola italiana si è aperta alla società che cambia mettendo al centro dell’azione educativa la persona ma ha dimenticato di specificare che tra le tante differenze alle quali i bambini e i ragazzi assistono vi è quella di genere.

Ben vengano dunque le “giornate vetrina” se servono a riaccendere l’interesse generale per un problema che deve essere ricordato ogni giorno.

S.Chisu

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