"Mi prendo e mi porto via". Sulla strada per la libertà.

Sonia

"Mi prendo e mi porto via". Sulla strada per la libertà.

martedì 25 Febbraio 2014 - 08:59
Orani, Mi prendo e mi porto via (foto D. Zempt)

Orani, Mi prendo e mi porto via (foto D. Zempt)

Una scalinata costellata di scarpe rosse. Una strada le cui pareti denunciano stupri, donne segregate, umiliate, picchiate, uccise dai propri mariti e compagni. È da qui che parte il percorso di Mi prendo e mi porto via, la manifestazione contro la violenza sulle donne che si è svolta lo scorso sabato a Orani.

Nelle vie del centro storico sono ancora tante le tappe che ci aiutano a immaginare – talvolta con una chiarezza che arriva inaspettata e dolorosa – la spirale di solitudine e impotenza vissuta dalle vittime del femminicidio, o di un compagno violento. Da un altoparlante, nella sede di Su Bundhu, la voce di un uomo, forte e chiara, urla insulti e parolacce. Ce l’ha con una donna senza nome, potrebbe essere una qualunque fra le tante donne presenti.

E poi video e testimonianze lette ad alta voce, davanti a un pubblico assorto che ancora cammina lungo quel percorso disseminato di nomi di donna, solo alcune delle vittime del femminicidio nel nostro Paese.

Fa una certa impressione ascoltare un brano de “Lo stupro”, celebre monologo di Franca Rame, e vedere attorno a me bambine e adolescenti, lo sguardo rivolto a terra. È consolante pensare che quelle bambine fanno forse parte delle classi della scuola elementare e media che hanno lavorato con lo psicologo e con gli insegnanti, organizzando un percorso dentro e fuori la violenza domestica.

Un disegno dei bambini delle elementari

Un disegno dei bambini delle elementari

C’è un piccolo spazio vicino a una chiesetta, nel quale entriamo curiosi. Dentro ci sono i disegni “belli e terribili” realizzati dai bambini della 5ª elementare, che sembrano aver capito perfettamente il significato di “violenza domestica” e “femminicidio”. In fondo alla stanza, poi, un video realizzato dai ragazzi della scuola media, anche loro sembrano avere le idee chiare. Sì, perché come dice Valentina Loche, membro attivo del Gruppo di partecipazione locale (che con l’Assessorato alle Politiche sociali, il Comune di Orani, e varie associazioni oranesi ha voluto e creato quest’evento): «da questa strada si può uscire, le donne vittime di violenza possono prendersi e portarsi via, appunto. E scegliendo la via della consapevolezza, dell’educazione alle emozioni fin dall’infanzia, dell’amore per se stesse, si può arrivare alla libertà».

Ecco perché, alla fine di tutto, ci si prende tutti per mano e si supera un bivio, imboccando la strada VERSO LA LIBERTÀ.

E giungiamo così, un po’ infreddoliti, a una piazza con una grande parete su cui possiamo scrivere e appendere i nostri pensieri. Si lascia il tempo a tutti, grandi e piccini, di ristorarsi un po’; poi ci stringiamo intorno a Michela, che ci racconta la sua storia di abusi e sofferenza.

Grazie poi agli interventi della psicologa Antonella Murranca e Claudia Tomasi, dell’associazione “Donne al traguardo”, veniamo a sapere che esistono molte strade VERSO LA LIBERTÀ. Non soltanto i centri antiviolenza per le donne che scappano da un amore malato, ma anche un centro per gli uomini maltrattanti, un punto d’ascolto per coloro che capiscono d’aver bisogno d’aiuto.

Ancora una volta, la salvezza passa attraverso la conoscenza.

Daniela Zempt © Tutti i diritti riservati

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