“Sa Preda ballarina”, la vera meraviglia della Nuoro del passato

Salvatore

“Sa Preda ballarina”, la vera meraviglia della Nuoro del passato

domenica 15 Ottobre 2017 - 06:00
“Sa Preda ballarina”, la vera meraviglia della Nuoro del passato

Sa preda ballarina nel 1904 (foto M.L.Wagner)

In una città che non offriva ai visitatori grandi opere d’arte, un grande monolite di granito ritenuto una vera rarità naturale (ubicato all’incrocio tra le attuali vie Liguria e Piemonte), destava interesse e curiosità di illustri studiosi e viaggiatori che visitavano la Sardegna del passato.

Tra i più noti visitatori dell’Isola che rimasero affascinati dall’interessante monumento naturale nuorese: Alberto Della Marmora e Quintino Sella e Max Leopold Wagner.

“Ma la vera meraviglia di Nuoro è Sa preda ballarina, gran masso erratico di granito, equilibrato, su altro masso fisso pure di granito in cima a una montagna, che basta il più piccolo urto per farlo dondolare prima lentamente e poi rapido, bilanciandosi per lungo tempo prima di trovare il suo riposo…”. Così scriveva entusiasta nel 1896 Francesco Corona nella sua Guida dell’isola di Sardegna, dopo aver visitato Nuoro. Appare chiaro ed evidente dall’espressione dello scrittore, che la Nuoro di allora che (a parte qualche edificio di rilievo, che poi inspiegabilmente cadrà vittima di un’insensata quanto inspiegabile furia demolitrice negli anni Settanta del Novecento) non avendo altro da offrire al visitatore, presentava dignitosamente le sue bellezze naturali.

Sa preda ballarina, nel passato è stata argomento di studio e di interesse da parte di illustri visitatori e curiosi turisti, che attratti dall’unicità del monumento naturale scrissero a riguardo alle loro impressioni. Tra questi il sottoprefetto Felix Despine, che trovandosi nel 1858 in visita a Nuoro scrisse a riguardo: “… questo monumento è formato da due blocchi di granito, uno conficcato nel terreno e l’altro appoggiato su di esso: ambedue sono appuntiti, poggiano sulle estremità con tale equilibrio che basterebbe la mano di un bambino per consentire l’oscillazione di quello superiore, che si trova ad un’altezza di due metri e cinquanta e che ha quattordici metri e mezzo di circonferenza. Oscilla in continuazione ma con molta lentezza, a volte prende un movimento più rapido, rimane in bilico per qualche tempo e poi torna nella posizione di riposo”.

Tra i visitatori più illustri innanzitutto va citato Alberto Della Marmora, che da esperto geologo dopo aver visitato Nuoro, così descrisse Sa preda ballarina nella sua monumentale opera Itinerario dell’isola di Sardegna, stampata nel 1868: “… consiste in un gran masso di granito che la decomposizione secolare ha concorso, in maniera che posa, in una piccolissima estremità inferiore, al di sopra di un altro masso della stessa natura, sopra il quale quello si trova in perfetto equilibrio: di modo che, nonostante la grandezza di questo masso, che avrà non meno di 14 m di circonferenza sopra 2,50 m, si fa muovere facilmente colla semplice impulsione di mano. Si vede allora oscillare, prima lentamente, poi prendere un movimento rapido bilanciandosi per lungo tempo prima di riprendere gradualmente riposo naturale. Ma questa mobilità non durerà sempre”.

Sa preda ballerina nel 1869 (disegno di La Marmora)

Sa preda ballarina nel 1869 (disegno di Alberto Della Marmora)

Nel 1869 Sa preda ballarina catturò anche l’attenzione di Quintino Sella. Il noto politico piemontese componente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Sardegna, che definì Sa preda ballarina “la cosa più singolare di Nuoro – aggiungendo – superiormente tutta solcata da scanalature prodotte dall’acqua piovana, che indica certamente il lungo lasso di tempo che esiste in quel luogo e in quella posizione – costatando inoltre che – il moto ondulatorio oscilla colla sola forza dell’uomo tra i 5 e i 6 cm di spostamento, mentre un martinetto gliene può imprimere fino a 60; dicesi poi che il solo vento, quando un po’ forte, basta per agitarla visibilmente”. Ma la cosa che maggiormente meravigliò il politico piemontese fu il fatto che “i fulcri su cui poggia non siano mai spuntati o smussati ad onta delle continue pressioni che da tempo immemorabile gli danno, mantenendo così il fenomeno in equilibrio sempre inalterato”.

Carlo Corbetta, in Sardegna e Corsica del 1877 scrisse: “La pietra detta ballerina, è costituita da un masso assai irregolare di granito rosso, nelle sue parti più sporgenti lunga circa quattro metri, larga due e mezzo, e tre alta, per cui forma un grande monolito di vari metri cubi di volume. Superiormente è tutta solcata da scanalature prodotte dall’acqua piovana, il che indica certamente il lungo lasso di tempo che esiste in quel luogo”.

Francesco Barbalato in La Sardegna, del 1880 riporta: “Prima di entrare in Nuoro, a destra in fondo ad un viottolo, si trova il “Sasso ballerino”, il quale è un grande ammasso di granito così bene in equilibrio che può essere mosso da un bambino. Da qualche anno però questo curioso sasso non si muove più”.

Sirio Corti in Le Provincie d’Italia del 1891: “Nei dintorni, oltre che a parecchi nuraghi, sepolture di giganti, e avanzi di antichità romana, è da ammirare una curiosità singolare, conosciuta come il ‘Sasso ballerino’: consiste questo in un macigno di granito di vari metri cubi di volume, posato in bilico sopra un altro masso della stessa materia. Basta una lieve pressione per farlo oscillare, prima lentamente, poi rapidamente, bilanciandosi per lungo tempo prima di trovare il suo naturale riposo”.

Sa Preda ballarina (da un disegno dal vero di L. Agabiti 1882)

Sa Preda ballarina (da un disegno dal vero di L. Agabiti 1882)

L. Agabiti in un suo servizio su L’Illustrazione Italiana del 1882 così scriveva riguardo a Sa preda ballerina: “… monumento di granito, rimarchevole eziandio per la forma bizzarra originalissima. Poggia su d’un petrone enorme esso pure, ma con un solo ristrettissimo punto sporgente nella parte inferiore, ove dovrebbe essere la base, per la qual cosa essendo rimasto in bilico, un uomo con un po’ di sforzo può farlo dondolare”.

Lo scrittore Antonio Nani, che nel 1892 riportò le sue impressioni di viaggio nel libro Nella Sardegna settentrionale, così scrisse: “… mi fu indicato un grosso masso di granito che, giaceva sopra un altro, al minimo urto oscillava, e da ciò il nome datogli di Preda ballarina. Ora non si muove più, che certo col tempo si sarà spostato o roso il perno sul quale si manteneva in equilibrio”.

Gustavo Strasforello in Italia Insulare del 1895 così scriveva: “Sono notevoli nei dintorni – di Nuoro -, in primo luogo, un gran sasso erratico di granito, detto Preda ballarina, collocato così bene in equilibrio, che basta la forza di un ragazzo a farlo dondolare, mentre non valgon cent’uomini a smuoverlo”.

A conferma che col tempo il grosso monolite perse il suo equilibrio naturale, resta anche la testimonianza dello scrittore Pietro Nurra (grande amico di Sebastiano Satta) che nel suo libro Nella Sardegna settentrionale del 1896 così riporta: “… la pietra ballerina non balla più”.

Sa preda ballerina nel 1929 (foto Sebastiano Guiso)

Sa preda ballarina nel 1929 (foto Sebastiano Guiso)

Ai primi del Novecento un altro illustre viaggiatore, Il grande linguista tedesco Max Leopold Wagner, non restò insensibile al fascino del grande monumento naturale che nel suo libro Immagini di viaggio della Sardegna descrisse come ”La pietra danzante, che malgrado il suo peso il minimo contatto può, o meglio poteva farla oscillare”.

A fine Ottocento negli anfratti rocciosi adiacenti alla Preda ballarina, trovò ricovero un vecchio eremita nuorese: Ziu Bobore Bardile, uno strano personaggio che visse per anni emarginato dal centro abitato e nutrendosi di avanzi e di carogne di animali in stato di putrefazione. Alla sua morte, avvenuta nel settembre del 1890, il suo caso divenne argomento di studio da parte di illustri igienisti e medici, mentre il famoso poeta in limba Salvatore Rubeddu ne prese spunto per una delle sue più famose poesie: La Resurrezione di Bobore Bardile, dove il poeta ricostruisce un immaginario processo subito dal malcapitato Bobore ormai passato a miglior vita, da parte di cavalli e asini di cui spolpò insaziabilmente le carcasse durante la sua vita terrena.

Michele Pintore

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