I vini del Sulcis: quando la tradizione sposa l’innovazione

di Kevin Lai

Il Sulcis Iglesiente per molti è sinonimo di turismo minerario, storia antica e tradizioni locali. A ridosso delle sue coste si staglia un tesoro composto da un suolo ricco, filari che disegnano sul paesaggio eleganti geometrie e il progetto di un uomo che ha creato un vino d’eccellenza, riconosciuto in casa come all’estero.

LA CANTINA DI SANTADI – La Cantina di Santadi ha una storia antica che parte dal 1961, nasce consorzio all’interno del quale aderiscono numerosi produttori locali che vogliono ampliare il mercato delle loro vendite. Nel 1975 questa realtà economica non essendo ancora strutturata per la grande distribuzione soffre il contraccolpo di linee guida senza un obiettivo preciso: le vigne producono ma non c’è un connubio tra rendimento e qualità.

LA SVOLTA – Il cambio di rotta si ha nel 1976 quando diventa nuovo direttore Antonello Pilloni che attualmente ricopre l’incarico di presidente. La cantina con la nuova gestione crea un disciplinare che porta i vini del Sulcis a essere un marchio di garanzia e a che oggi vanta un’esportazione a livello nazionale e in oltre 40 paesi esteri. Il livello di qualità raggiunto sia a livello di marketing che di tecniche fu possibile grazia e all’apporto di Giacomo Tachis il più grande fra gli enologi italiani e una delle figure di maggior rilievo a livello internazionale. Piemontese ma di origine sarda Tachis rilanciò a livello internazionale il vino italiano. Collaborò alla creazione di nuovi generi di rosso italiano, in particolare i famosi “Super Toscani” il Sassicaia, il Solaja e il Tignanello, il Mille e una Notte, il Turriga e il San Leonardo e nel 1984 l’iconico Terre Brune della Cantina di Santadi. In totale sono 36 le eccellenze che devono la loro nascita a Tachis che grazie alla sua esperienza e supervisione fece scoprire e affinare tecniche e metodi nella produzione e creazione dei vini Sardi.

LE TECNICHE DI PRODUZIONE – Tachis ha svolto un ruolo fondamentale nella rivoluzione del vino italiano: ha introdotto nuove pratiche enologiche, tra cui l’uso di barrique di rovere francese per l’invecchiamento del vino. Nella maggior parte dei casi la barrique è costruita con legno variamente stagionato e tostato di rovere da 225 litri proveniente da varie foreste francesi oppure dalla Slavonia, una regione in Croazia. Tuttavia vi è anche una grande produzione di barrique prodotte nelle Americhe con legni di quercia bianca. Normalmente sono considerati più pregiati i legni provenienti dalle parti alte delle foreste, alberi cresciuti molto lentamente con un legno compatto e porosità molto fini. Spesso gli alberi appena tagliati vengono lasciati per qualche settimana nel bosco, per favorire lo sviluppo della microflora utile al futuro sviluppo di aromi. L’elasticità del legno utilizzato per le barrique è garantita se vengono utilizzate delle piante dall’età compresa tra 120 e 240 anni. Inserire e invecchiare il vino in questo tipo di botte contribuisce a esaltarne il gusto rendendolo molto più strutturato attraverso una serie di aromi che regalano sensazioni di piacere sia per i palati più fini ma anche per coloro che amano “il nettare degli Dei”.

LA CANTNA OGGI – 1961-2023: 61 anni dopo la Cantina ha più di 220 soci nel proprio organico e conta oltre 650 ettari di vigneti nell’estremo sud ovest dell’isola. La gestione di questa risorsa coinvolge 10 comuni del sud Sardegna con Santadi come epicentro. Massimo Podda, Direttore Commerciale della Cantina Santadi in questi giorni in viaggio di lavoro a Qingtian una zona dall’affascinante Cina, racconta le sensazioni che nascono nell’impegnarsi per una realtà come quella del Sulcis che spesso è associata a una zona difficile sia a livello occupazionale che imprenditoriale. «Sicuramente lavorare per una realtà del genere è un qualcosa che ci inorgoglisce costantemente, la Cantina Santadi esporta regolarmente in oltre 40 nazioni e genera un indotto lavorativo per oltre 1500 persone che operano in quest’area geografica». Il direttore prosegue: «Dal punto di vista qualitativo il livello è aumentato notevolmente. In Sardegna ci sono 400 aziende vinicole che hanno raggiunto standard di ottima qualità. Ora è necessario fare un lavoro specifico per educare a “buon vino” ovvero come presentarlo, versarlo e comunicarlo. Queste attività sono fatte con grande professionalità e rigorosità dalle associazioni di sommelier che in questi anni hanno lavorato alacremente verso questo traguardo». Tale impegno è anche l’obiettivo della Cantina di Santadi che puntualmente apre al pubblico di turisti e curiosi che desiderano istruirsi alle pratiche sopracitate con degustazioni, accoppiamenti di cibi, percorsi guidati della cantina e molto altro ancora. I numeri dei visitatori avuti nel 2022 sono esaustivi: circa 200 mila.

IL TURISMO ENOGASTRONOMICO – Oggi questo settore ha subito un incremento di utenti grazie all’organizzazione di manifestazioni a livello nazionale e internazionale che ha portato il vino sardo ad essere riconosciuto come un prodotto di eccellenza ovunque venga esposto. Il Carignano del Sulcis DOC Superiore Terre Brune 2017, ad esempio, ha conquistato in due anni (2021- 2022) premi prestigiosi come: “Tre bicchieri del Gambero Rosso”, “5 Grappoli di Bibenda”, “La Corona di Vini Buoni d’Italia”, “Tre stelle da parte della guida Oro I di vini di Veronelli” e “Quattro viti di Vitae”. A confermare questo trend il Vinitaly 2023: arrivato alla sua 55° edizione ha registrato un enorme successo per le produzioni isolane. Delle 110 arrivate a Verona 79 sono stati premiati e segnalati nella guida “5Stars Wine – the book 2024 e Wine Without Walls di Vinitaly”. Così come il Premio “Angelo Betti”, che è stato assegnato su indicazione degli assessori dell’Agricoltura delle varie Regioni e consegnato alla Cantina di Santadi.

Contenuto realizzato in collaborazione con la Regione Sardegna – Assessorato al Turismo, Artigianato e Commercio

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Sonia