L’abbazia di San Pietro di Sorres: dove il turismo religioso incontra la storia

di Salvatore Novellu

I COSTRUTTORI DI CATTEDRALI – Dapprima fu il tempo dei Nuraghi, in cui fu modificato per sempre il paesaggio della Sardegna con l’erezione di magnifiche costruzioni megalitiche, che ancora oggi sopravvivono, talvolta pressoché intatte, segno della sapienza dei suoi architetti e dell’abilità delle sue maestranze. Il profilo dell’Isola, però era destinato a vivere una seconda rivoluzione, a partire dal VI secolo, per mano dei costruttori di edifici religiosi che col passare dei secoli svilupparono il primitivo impianto cruciforme simmetrico del martyrium bizantino (pensiamo ad esempio al nucleo originale della basilica di San Saturnino a Cagliari, o a quelli di Sant’Antioco di Sulcis o di San Giovanni di Sinis) in planimetrie ed elevati sempre più evoluti e arditi, che videro la loro massima espressione nelle chiese e nelle cattedrali edificate dapprima in forme romaniche (XI-XIII secolo), poi in quelle gotiche (XIV-XVI secolo), in quelle Rinascimentali (XVI secolo) e Barocche (XVII) e, infine, in quelle Neoclassiche (XIX secolo).

Veduta aerea di Borutta, della cattedrale e del complesso monastico

ORA ET LABORA – Un forte impulso a questo sviluppo architettonico si deve proprio all’insediamento degli ordini monastici. Intorno al V secolo giunsero nell’Isola, talvolta esuli, i primi monaci provenienti dalla Grecia e dal Nord Africa. Seguirono i Benedettini, intorno all’anno Mille, cui il Pontefice aveva affidato il compito di edificare monasteri e gestire le terre e relative pertinenze avute dai giudici locali. Questi ultimi, oltre alle terre, offrirono loro anche la forza lavoro per dissodamento e messa in produzione dei terreni che, come testimoniano i Condaghi, spesso erano dei latifondi gestiti come vere e proprie fiorenti aziende agricole dall’abbazia, con case coloniche, stalle, mulini ad acqua, e un cospicuo numero di servi che vi lavorava. Il compito più arduo affidato loro, però, era quello di sostituire al rito greco e alle pratiche religiose di stampo orientale il rito latino e le linee guida del cattolicesimo romano. Ai seguaci di San Benedetto, nel tempo fecero seguito, tra gli altri, Vittorini, Camaldolesi, Cistercensi e Gesuiti.

SAN PIETRO DI SORRES – La cattedrale di San Pietro Apostolo sorge su un promontorio frequentato già in epoca neolitica (come testimoniano i resti di un nuraghe e di una necropoli), che domina la vallata del rio Frida e l’abitato di Borutta, nel punto in cui all’epoca ricadeva l’abitato di Sorres, appartenente al Giudicato di Torres – curatoria del Meilogu. Con l’arrivo della dominazione aragonese il borgo fu raso al suolo mentre la chiesa fu risparmiata e gli abitanti costretti a fuggire nei centri vicini, tra cui Borutta. Il capitolo della cattedrale di Sorres, attestato fin dal 1112, continuò a officiarvi fino alla morte dei suoi ultimi membri. Nel 1503 la diocesi di Sorres fu soppressa e incorporata alla sede arcivescovile di Sassari; la cattedrale fu così abbandonata a un lungo periodo degrado, durante il quale fu utilizzata anche come fienile e riparo per gli animali, mentre la canonica  fu demolita e le sue pietre riutilizzate nelle architetture dei paesi vicini. È allora che andarono disperse anche varie opere d’arte e documenti in esse custoditi.

Borutta, la chiesa di San Pietro di Sorres (foto S.Novellu)

LA FABBRICA DELLA CATTEDRALE – La fabbrica per la costruzione della cattedrale fu aperta alla metà del XII secolo ma il cantiere fu abbandonato quando erano stati edificati solo una parte dei muri perimetrali e definita la pianta, ripartita su tre navate; l’opera fu poi portata a compimento tra il 1170 e il 1190. Lo stile dell’edificio ecclesiale è di gusto squisitamente romanico, con influenze pisano-pistoiesi ma anche francesi, una pluralità di sfumature che è anche il segno che i suoi artefici dovettero mediare non poco col mutare degli stili avvenuto nelle due fasi edificatorie per raccordare parti originarie dell’apparato murario, sviluppo dell’elevato e prospetto.

L’aula è ripartita in tre navate voltate a crociera e segnate da otto pilastri cruciformi dai cui capitelli si innalzano arcate trasversali, tutti lavorati in bicromia data dall’alternanza di conci in calcare color avorio e in trachite nera, a creare un suggestivo contrasto tra i paramenti murari chiari e le volte realizzate in cantonetti squadrati in trachite nera. Identica bicromia si osserva anche nelle murature esterne, tranne che in facciata. Questa è ripartita da tre ordini di false logge chiuse (quella centrale segnata da una bifora cieca), in alto da un frontone liscio, con la bicromia riservata agli stipiti, all’architrave e all’arcata del portale d’ingresso, alle decorazioni a motivi geometrici interne agli specchi delle arcatelle. La firma dell’architetto/direttore dei lavori, “Mariane Maistro”, è incisa su un concio squadrato sotto lo stipite sinistro del portale d’ingresso. Parte dei decori in facciata, invece,  sono frutto dei restauri iniziati nel della seconda metà del XIX secolo.

All’interno si conservano un monumento funerario raffigurante un vescovo, un sarcofago con croce e pastorale, un pulpito istoriato di probabile fattura trecentesca e una scultura lignea raffigurante una Madonna con Bambino del XV secolo, che un tempo era posizionata in una nicchia al centro di una pala d’altare pittorica, andata perduta. Nel presbiterio sopraelevato esiste ancora parte dell’originale altare romanico, lavorato a girali intarsiati.

Una pergamena restaurata a San Pietro di Sorres (foto S.Novellu)

IL MONASTERO BENEDETTINO – Tra il 1953 e il 1955 padre Agostino Lanzani, scelse di fondarvi un monastero benedettino con l’edificazione di nuovi corpi di fabbrica in stile neoromanico nei quali furono inglobate le antiche strutture superstiti che sorgevano sul fianco destro della chiesa.

IL LABORATORIO DI RESTAURO DEL LIBRO – Nel 1970 è stato impiantato un laboratorio per il restauro dei libri antichi, diretto da Don Gregorio Martin, cui facevano riferimento Enti ecclesiastici, archivi e biblioteche isolane e della penisola, oltre che i maggiori collezionisti privati. Da qualche anno il laboratorio è chiuso in attesa dell’arrivo del successore di padre Gregorio.

L’emporio del monastero di San Pietro di Sorres (foto S.Novellu)

SORRES OGGI, UNA META TURISTICA ALTERNATIVA – Dal 2019 l’abbazia è retta da padre Luigi Tiana e, per quanto si conti ormai un numero esiguo di monaci, al suo interno le attività sono piuttosto floride. Essa, infatti, in Sardegna rappresenta un punto di riferimento per quanto riguarda il turismo religioso. Al suo suo interno, infatti, oltre a una ricchissima Biblioteca e al Museo della cattedrale, è attiva una foresteria in grado di offrire vitto e alloggio sia a chi ricerca una pausa dalla frenesia della vita contemporanea e ritiro spirituale sia a chi visita la zona e sceglie di conoscere più da vicino la realtà monacale e di ritrovare nel monastero un’oasi di pace e silenzio in cui trascorrere qualche giornata di riflessione. Nel monastero, inoltre, in determinati periodi dell’anno sono organizzate settimane di studio a tema religioso.

Caramelle prodotte a San Pietro di Sorres (foto S.Novellu)

Di riguardo anche la produzione di delizie opera dei monaci, seguendo la regola benedettina “Ora et labora” ovvero prega e lavora, disponibili nell’emporio dove si possono acquistare preparati derivati dalle erbe, tisane, birra, distillati, liquori, miele e caramelle, oltre ai classici souvenir.

LA BASTIDA DI SORRES – In occasione di eventi organizzati territorio, inoltre, come la cosiddetta “Bastida”, una rievocazione storica ambientata nel colle di San Pietro di Sorres della storica battaglia avvenuta nel 1334 durante la quale Brancaleone Doria tentò di conquistare l’antica fortezza di Sorres caduta in mano degli Aragonesi, il monastero conta oltre ventimila visitatori nell’arco di pochi giorni.

Un momento della Bastida di Sorres

Durante la Bastida viene allestito un accampamento che riproduce le originali scene di vita quotidiana medievale, con la fucina del fabbro dove si tiene una dimostrazione della forgiatura dei metalli e la ferratura del cavallo; la produzione della ceramica e la colorazione naturale dei tessuti. Suggestiva anche la vestizione di un cavaliere così come avveniva nel pieno trecento e il processo pubblico di un reo confesso. A fare da contorno alla manifestazione, falconieri, gare di tiro con l’arco, danze medioevali, commedianti, saltimbanchi, musici e giullari.

Contenuto realizzato in collaborazione con la Regione Sardegna – Assessorato al Turismo, Artigianato e Commercio

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Salvatore