La fotografia in Sardegna: un po’ di storia, libri, mostre e festival

di Salvatore Novellu

UN PO DI STORIA DELLA FOTOGRAFIA IN SARDEGNA – La fotografia ha fatto la sua comparsa in Sardegna sin dai momenti più prossimi alla sua invenzione. Già negli anni Quaranta dell’Ottocento, infatti, la stampa locale pubblicava gli annunci dei primi dagherrotipisti che, provenienti dalla Penisola o in qualche caso dalla Francia, pensiamo ad esempio a Massimiliano Vigna, Claude Porraz e Adolphe Peuchet, annunciavano di soggiornare per qualche tempo nell’Isola, soprattutto a Cagliari, e di essere disponibili a eseguire ritratti al dagherrotipo, una delle prime tecniche ad aver preso piede (insieme al calotipo), che prevedeva l’utilizzo di una placca in argento sensibilizzata alla luce, su cui veniva impressionata la figura. Il risultato ottenuto, direttamente in positivo e in copia unica, montato in una cornice con custodia in cuoio istoriato o in velluto, era un oggetto prezioso ed esclusivo, attraverso il quale soprattutto la nobiltà e le famiglie più abbienti dell’Isola tramandarono la propria immagine ai posteri.

I PIONIERI – Se delle immagini dei primordi poco o nulla è giunto fino a noi, ben più consistenti sono i repertori superstiti dei professionisti locali che tra gli anni Cinquanta e Sessanta dell’Ottocento impiantarono i primi laboratori fotografici locali, operanti soprattutto nell’ambito della ritrattistica, con rare digressioni negli scatti di paesaggio urbano, in genere realizzati su commissione di enti pubblici. I pionieri dell’arte di scrivere con la luce in Sardegna furono, a Cagliari Eugenio Aruj, Agostino Lay Rodriguez e Giuseppe Luigi Cocco; a Sassari Felice Oderda, Jean Mailland e Luigi Kürner; a Nuoro G.Camedda Nieddu e a Oristano Achille Parnicich.

I VIAGGIATORI – Alla metà ‘800, e per la precisione al 1854, risale una delle prime ampie documentazioni fotografiche della Sardegna, opera del parigino Edouard Delessert, che realizzò l’album di stampe da negativo calotipico Île de Sardaigne. Cagliari e Sassari. 40 viste fotografiche, a corredo del diario di viaggio Six semaines dans l’île de Sardaigne.

LA FOTOGRAFIA INDUSTRIALE – A partire dalla fine degli anni Settanta del XIX secolo importanti società private commissionarono a professionisti locali quali il citato Lay Rodriguez, e più tardi Averardo Lori, Alfredo Nissim, Ernesto e Ferdinando Pizzetti, o continentali come Adolphe Godard, Vittorio Besso e i Fratelli Alinari, la documentazione di lavorazioni industriali come l’estrazione mineraria nell’Iglesiente o la realizzazione delle strade ferrate sarde.

LE CARTOLINE POSTALI ILLUSTRATE – La fotografia trovò progressivamente pieno utilizzo in ambito editoriale, in sostituzione dell’incisione e, a partire dai primi anni del ‘900, nell’illustrazione delle cartoline postali. Queste ultime sono oggi un repertorio importantissimo sia perché ci hanno tramandato un’ampissima e capillare documentazione visiva degli abiti tradizionali, impreziosita dalla “coloritura” a mano, e dei centri abitati, compresi quelli minori, ma anche perché in molti casi sono ottenute partendo dalle lastre dei primi fotografi operanti in Sardegna, anche di quelli di cui non sono sopravvissuti gli scatti originali.

DILETTANTI E FOTOGRAFI DI CINQUE MINUTI – Da questo momento in poi, ovvero l’epoca a cavallo tra XIX e XX secolo, in tutta l’Isola è un fiorire di nuovi atelier fotografici e la fotografia ha una diffusione capillare, soprattutto tra i cosiddetti “dilettanti”, ovvero di coloro che si dilettavano di quest’arte senza farne una professione vera e propria. Oltre ai professionisti operanti in studio e ai dilettanti, si affiancò progressivamente un’altra figura, quella del fotografo ambulante, che spesso lavorava dapprima in ferrotipia o poi con la stampa immediata per contatto, da cui deriva il nome con cui erano definiti: “Fotografi di cinque minuti“.

ARTE E FOTOGRAFIA, FOTOGRAFIA E ARTE – Dopo un periodo in cui la pittura si sentì insidiata dalla fotografia e quello successivo in cui quest’ultima tentò di imitare la prima, col pittorialismo, la seconda prese piede anche tra gli artisti i quali, oltre a utilizzarla come mezzo espressivo a sé stante, talvolta se ne servirono come taccuino di appunti da cui trarre poi le proprie opere pittoriche, pensiamo ad esempio ad Antonio Ballero, Sebastiano Satta, Bernardino Palazzi o Brancaleone Cugusi, o scultoree, come fece Francesco Ciusa, oppure ancora come complemento dei propri studi linguistici (Max Leopold Wagner e Ugo Pellis), o etnomusicologici (Andreas Fridolin Weis Bentzon).

IL REPORTAGE – Le due guerre segnarono una cesura almeno in tutti gli ambiti della società e quello fotografico non fa eccezione. Nei primi anni Cinquanta riprese l’opera di documentazione intrapresa ai primi del Novecento da autori quali Vittorio e Erminio Sella, Vittorio Alinari, August Sander e dai reporter del National Geographic o del Touring Club, e iniziano ad arrivare i reporter inviati dai giornali per documentare i mutamenti in corso di una società ancora in parte immobile nelle proprie tradizioni millenarie come quella sarda oppure fenomeni dilaganti come il banditismo, pensiamo tra gli altri a Federico Patellani, Franco Pinna, Mario De Biasi e Carlo Bavagnoli, Henri Cartier Bresson, i freelance, più interessati ad argomenti come l’etnografia, come Pablo Volta, Plinio De Martiis, Marianne Sin-Pfältzer e Toni Schneiders, o più semplicemente alla creazione di reportage di documentazione, come Janos Reissman, Gianni Berengo Gardin, Ferdinando Scianna, Fausto Giaccone, Adriano Mordenti e Tano D’Amico.

E fin qui alcuni brevi cenni di Storia della fotografia in Sardegna, doverosi per comprendere meglio l’argomento Fotografia e le potenzialità  che questa potrebbe offrire alla Sardegna se opportunamente veicolata e gestita, con programmazioni serie affidate a figure competenti e appassionate, anziché essere ridotta a uno sfruttamento poco attento quando non piratesco volto solo a fare cassa o, peggio ancora, repertorio, come in genere accade.

LIBRI E MOSTRE FOTOGRAFICHE – I repertori della maggior parte degli autori indicati è stata oggetto di pubblicazione all’interno di volumi antologici o monografici, pubblicazioni che in genere, al di là di qualche edizione “minore”, hanno visto gli editori locali poco interessati a lavoro degli autori locali, almeno di quelli più recenti, e alla loro “scoperta” e valorizzazione. Lo stesso discorso vale per le mostre, che a parte qualche rara eccezione, sono in genere di accompagnamento all’uscita dei volumi indicati.

Olbia, Storie di un attimo 2021 (foto S.Novellu)

I FESTIVAL DELLA FOTOGRAFIA – Da una decina di anni, però, alcune iniziative hanno posto rimedio a questa mancanza, proponendo al grande pubblico i lavori di autori esordienti o poco noti di fianco a quelli di nomi noti del panorama fotografico e fotogiornalistico contemporaneo nazionale e internazionale ovvero i festival della fotografia. Tra questi due in particolare richiamano l’attenzione di appassionati e turisti Storie di un attimo. Festival della Fotografia popolare di Olbia e il BìFotoFest di Mogoro.

“C’è solo un modo per fissare un attimo e consegnarlo alla storia, la fotografia“. Questo il motivo ispiratore che ha portato Marco Navone (già creatore del Festival del cinema di Tavolara), in collaborazione con l’associazione olbiese Gli Argonauti, all’ideazione di Storie di un attimo. Festival della Fotografia popolare si appresta all’inaugurazione della dodicesima edizione. Il festival, articolato tra mostre, laboratori e dibattiti sulla fotografia, negli anni ha ospitato autori del calibro di Francesco Cito, Mario Dondero, Fausto Giaccone, Uliano Lucas, Livio Senigalliesi e Ugo Panella.

Il BìFotoFest, invece, nasce nel 2011 a Mogoro su  iniziativa di Stefano Pia e Vittorio Cannas “con l’obiettivo di promuovere la cultura fotografica e di ampliarne il concetto partendo dalla propria terra: la Sardegna”. In questo caso le mostre sono permanenti e a cielo aperto, installate sui muri delle case del paese. Sara Munari, Sandro Iovine, Uliano Lucas e Guido Harari.

Nuoro, mostra di Berenice Abbot al MAN, 2017 (foto S.Novellu)

FOTOGRAFIA E TURISMO – Negli ultimi anni, altre iniziative analoghe sono state messe in cantiere, un segnale confortante della vitalità della fotografia, soprattutto di quella tradizionale, nonostante da anni si senta ribadire che “la fotografia è morta”, prima a causa dell’avvento del digitale, poi per la diffusione dei telefoni cellulari e di recente con l’arrivo dell’intelligenza artificiale. Una cosa è certa, però, il fiume di persone, siano esse locali o turisti, sia interni sia nazionali sia internazionali, che da sempre affolla questo tipo di iniziative sembra dirci qualcosa di diverso ovvero che la fotografia è più che mai vitale e ancora capace di smuovere le coscienze, spingerci a riflettere e, forse, farci diventare migliori. Trattandosi poi di eventi che si svolgono il primo in autunno e il secondo a primavera inoltrata, essi sono anche un’ottima occasione per destagionalizzare i flussi turistici e proporre loro una Sardegna che non è solo mare, enogastronomia e tradizione, ma che può essere anche qualcos’altro, qualcosa di contemporaneo, che potrebbe farla entrare a pieno titolo, ammesso che non sia già, nei circuiti dei grandi festival della fotografia nazionali e internazionali.

Contenuto realizzato in collaborazione con la Regione Sardegna – Assessorato al Turismo, Artigianato e Commercio

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Salvatore