50 anni di ISRE. Il Museo del Costume fulcro della cultura e delle tradizioni popolari della Sardegna

Il MUSEO DEL COSTUME, fulcro per antonomasia della cultura e delle tradizioni popolari della Sardegna, sorge in cima del colle di Sant’Onofrio, alla periferia di Nuoro.

IL MUSEO – Disegnato nel 1957 dall’architetto Antoni Simon Mossa come come villaggio sardo ideale, iniziò il proprio percorso museale grazie una piccola donazione patrimoniale, nucleo primordiale di ciò che in seguito diverrà la memoria storica dell’Isola e che oggi accoglie un vasto campionario di oggetti e storie più che rappresentativo della Sardegna più arcaica.

Dal 1972 il Museo del Costume fa parte dell’ISRE (Istituto Superiore Regionale Etnografico) insieme alla Casa natale di Grazia Deledda, anch’essa nel Capoluogo barbaricino, e alla Collezione Cocco, ospitata a Cagliari nei locali della cittadella dei Musei.

Di recente, il complesso museale è stato oggetto di un ampliamento da parte della Regione, i cui lavori, ultimati nel 2015, hanno dato vita ad spazi ampi, ordinati per argomento, all’interno dei quali sono esposti oltre sei mila pezzi, oggetto di ammirazione e di studio da parte di un pubblico variegato che va dallo studioso al semplice turista.

LE SALE – Quello che si intraprende attraversando le dieci sale che compongono il Museo è un vero e proprio viaggio nelle TRADIZIONI e nella CULTURA POPOLARE della nostra Isola: dal lavoro, declinato in tutti i suoi vari aspetti, così come la vita quotidiana, passando per le feste religiose e i riti pagani e propiziatori, dal Capo di sopra al Campidano.

Apre il percorso di visita la “COLLEZIONE COLOMBINI“, composta da cartoline illustrate, mobili “in stile sardo”, casse intagliate, tessuti, gioielli, armi e elementi di cestineria, che fu proprio il nucleo embrionale delle raccolte del museo.

Segue il LAVORO, oggetto delle esposizioni negli ambienti successivi, a iniziare dall’ALLEVAMENTO, presentato con dovizia di particolari, dagli arnesi per la raccolta, la lavorazione e il trasporto del latte; i campanacci, le forbici per la tosatura e le marche padronali per  dissuadere i furti delle greggi, e la grande ricostruzione del tradizionale pinnettu. Poi l’AGRICOLTURA, con la coltura dei cereali (propedeutica a una selle sale seguenti, quella sulla panificazione), la CACCIA e la PESCA. Anche qui ricorrono elementi dell’abbigliamento tradizionale, attrezzi e utensili vari, fino alla ricostruzione du un suggestivo spaccato della laguna di Cabras e delle attività di pesca che vi si svolgevano e vi svolgono ancora.

Museo del Costume, panificazione (foto S.Novellu)

Si arriva così a una delle sale più importanti del Museo, quella dedicata al PANE, elemento fondante della cultura contadina, cibo sacro delle feste religiose e base dell’alimentazione della civiltà agropastorale sarda. L’esposizione è aperta da una presentazione della molitura dei cereali e da una dettagliata ricostruzione del processo della PANIFICAZIONE, da ampio spazio alla ricca collezione di pani tradizionali sardi, da quelli giornalieri a quelli festivi e quelli nuziali, frutto in parte di anni di una capillare ricerca sul territorio messa in atto dall’ISRE e in parte di una donazione dell’Università di Cagliari che, a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso e grazie al professor Alberto Mario Cirese, portò avanti un articolato lavoro sul campo di studio e raccolta in tutta la regione.

L’altro punto di forza del Museo del Costume è dato dalle TESSITURE. Anche qui l’esposizione è introdotta dagli strumenti della filatura, come i TELAI, presenti sia nell’arcaica versione verticale sia in quella orizzontale, anche in questo caso accompagnati da IMMAGINI D’EPOCA, tratte dal ricco ARCHIVIO ISRE, che ne attestano l’utilizzo. Si arriva così alla magnifica sala deve è esposto un trionfo di TAPPETI, nelle varie forme e per i vari utilizzi (compresi i rari tapinos de mortu), coperte, bisacce, copricassa, lavori a filet, a ricamo, merletti e macramè, teli in orbace, lino, canapa e cotone, ornamentali da letto, collari per buoi e tovagliati, con pezzi che vanno dal 1700 ai primi del Novecento.

Tessiture delle collezioni ISRE

Il percorso di visita giunge così alla penultima sala, una delle più apprezzate, quella degli ABITI TRADIZIONALI, declinati nelle molteplici varianti locali e ambientati al centro come in una ipotetica processione devozionale mentre nelle vetrine laterali, si può ammirare da una parte un’ampio repertorio che va dai copricapo, ai corpetti, alle camice, ai fazzoletti, passando per le calzature e gli accessori dell’abito femminile, oltre a quelli dell’abbigliamento maschile e infantile; dall’altra, invece, gli abiti sono ambientati all’interno della ricostruzione di una cumbessia e di una festa campestre, la cui scenografia è un omaggio all’opera del pittore Giuseppe Biasi.

Chiude il percorso un piccolo e suggestivo ambiente di ispirazione sacra, contenete il cosiddetto “TESORO“, costituito da oggetti di devozione (rosari, reliquiari, medaglie, croci), ornamenti della persona (orecchini, pendenti, anelli, collane), accessori di abbigliamento (bottoni, spille, catene, cinture) e amuleti (ispuligadentes, kokkos, preda de latte, portaprofumi, agorai, conchiglie, fossili, rami e manine di corallo).

Il “Tesoro” del Museo del Costume

Non meno importante, infine, è la sala delle MASCHERE TRADIZIONALI del CARNEVALE BARBARICINO, che si trova in uno spazio sparato, accessibile dal cortile interno, con sos Thurpos e s’Eritaju di Orotelli, sos Boes, Merdules e sa Filonzana di Ottana, sos Mamuthones e Issohadores di Mamoiada e su Bundu di Orani, al centro della scena e un ampio repertorio di maschere tradizionali del carnevale sardo. Nello stesso ambiente, all’interno di alcune vetrine sono esposti gli STRUMENTI MUSICALI tradizionali della Sardegna: tamburi, triangoli, fisarmoniche, organetti, sonagli, corni e launeddas.

Museo del Costume, la sala dele maschere

LA RICERCA SCIENTIFICA – Le collezioni dell’ISRE e gli studi etnografici che ne hanno reso possibile la raccolta, la catalogazione e la valorizzazione hanno solide basi scientifiche, grazie agli apporti di antropologi, etnologi e studiosi in genere, tra i quali si ricorda il già citato Cirese, Giulio Angioni, Enrica Delitala e Pietro Clemente. Ricerche e lavori fondamentali per la nascita e lo sviluppo dell’offerta museale che trova la propria forza nel dialogo con il territorio e che ha consentito di ottenere la fiducia di intellettuali e cittadini, alcuni dei quali hanno donato degli oggetti. certi che in questo modo ne avrebbero salvaguardato l’integrità e la conservazione, motivo questo ispiratore dell’istituzione ISRE.

Salvatore Novellu – © Riproduzione riservata

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