Si è conclusa la trentacinquesima edizione del Cala Gonone Jazz Festival

Una settimana di appuntamenti variegati e imperdibili hanno caratterizzato il Cala Gonone Jazz Festival 2022, arrivato quest’anno all’edizione numero trentacinque.

I tre concerti alla Cantina di Dorgali hanno registrato un buon numero di presenze, segnando un gradito ritorno nel paese. Il nuovo sodalizio con il Conservatorio di Sassari si è rivelato una scelta azzeccata per questo intermezzo, dal quartetto di Silvia Ruiu – cantante jazz dal timbro carezzevole e swing – ai Bad Talent di Marco Maltalenti, un trio sperimentale che ha dimostrato grande versatilità sul palco, sino ai Perielio, un viaggio tra le potenzialità degli strumenti e le personalità spiccate dei musicisti che hanno composto i brani. Ospiti d’eccezione sono stati i cori di Kiev “Vognyk” (coro femminile diretto da Olena Solovey) e “Dzvinochok” (coro misto diretto da Ruben Tomalchov). Le voci delle due formazioni sono parte del progetto “Sardinia for Ukraina – Standing Together” in solidarietà al popolo ucraino, esibitisi in alcuni canti popolari che hanno calamitato l’attenzione del pubblico regalando anche qualche momento di commozione.

I due concerti alle Grotte del Bue Marino vantano invece il sold-out, complice anche la bellezza della location, la quale – insieme ai nomi in cartellone- ha portato nella sala della dama bianca oltre seicento persone in due giorni. Giovedì 28 luglio, i due concerti di Zoe Pia, polistrumentista e compositrice, insieme ai Tenores Antoni Milia di Orosei, seguiti dal Coro Ortobene, hanno contribuito a far conoscere ulteriormente quelli che sono i canti tradizionali della Sardegna, più conformi – ma sempre suggestivi- quelli proposti dal coro polifonico nuorese (diretto da Giampriamo Incollu), ricercato e sperimentale lo spettacolo preparato dalla clarinettista mogorese che con pedali e loop station è riuscita a creare sonorità ambient perfettamente amalgamate alle voci del quartetto dei tenores.

John Patitucci al Cala Gonone Jazz Festival

Boom di presenze, ovviamente, anche per John Patitucci in solo che ha proposto alcuni dei brani del suo album “Soul of the bass”, un lavoro in cui omaggia – oltre al suo strumento – grandi compositori come Benny Golson, Duke Ellington, Charlie Parker, Bach, ma non solo. Innamoratosi a prima vista di questo palcoscenico naturale, tanto da dichiarare “non vorrei mai più suonare in nessun altro posto”, Patitucci ha improvvisato un pezzo che ha chiamato proprio “La grotta”.

Le tre serate del weekend hanno riportato il festival nella sua dimensione più intima e raccolta, al Teatro Comunale di Cala Gonone, dove il grande jazz è entrato a gamba tesa. Venerdì 26 luglio è iniziato con il duo dello storico sassofonista Roberto Ottaviano insieme al giovane, ma non inesperto, Alexander Hawkins in “Spirit of Mingus” “Mingus” ha ricordato Ottaviano “non è stato solo un musicista eccentrico, un genio folle, ma è legato indissolubilmente a quello che la musica ha rappresentato in quegli anni, la lotta politica e per i diritti civili, ma non dimentichiamoci che questo non deve essere relegato a lui, deve piuttosto contraddistinguere tutta la nostra esistenza come musicisti”.

Di seguito l’atteso ritorno del pianista Alfredo Rodriguez con il bassista Yarel Hernandez e il percussionista Michael Oliviera, in una serie di divertite e divertenti esecuzioni dai ritmi jazz cubani.

Grandi show il sabato sera, 31 luglio, con il quartetto più uno (dove il più uno è il trombettista finlandese Tero Saarti) della storica formazione Woodstore si è presentato accompagnato dall’Orchestra Jazz della Sardegna diretta da Gavino Mele con “Wide Sounds” una serie di pezzi ispirati al classic jazz dove la varietà armonica e l’improvvisazione hanno dato vita a una big band creativa e originale.

Applausi e bis richiesti oltre l’orario previsto per il trio di John Patitucci. Il bassista di Brooklyn ha regalato momenti indimenticabili al pubblico insieme agli incredibili Yotam Silberstein alla chitarra e Rogério Boccato alla batteria. In bilico tra fusion, pop e world music, il terzetto –reduce da una lunghissima tournée ancora in corso, sebbene frizzante e vivace- è stato capace di infondere una grande energia a tutto il pubblico presente.

L’ultima serata, domenica 31 luglio, è stata, invece, un viaggio tra passato e presente, un’incursione nel prog e fusion con interventi più mirati verso l’improvvisazione jazz più pura. I Three Generation (Leonardo Caligiuri, Ares Tavolazzi e Chicco Capiozzo) presentando l’omonimo lavoro, hanno trascinato il pubblico in un percorso discontinuo e avvincente tra le psichedelie delle composizioni coadiuvate dalle tastiere di Caligiuri. Capiozzo, figlio dell’indimenticato Giulio –fondatore degli Area – ha raccontato la sua prima volta a Cala Gonone in compagnia del padre, ospite del festival nell’89: “Avevo dodici anni e ricordo l’aria che si respirava. Rivedere le persone che al tempo avevo incontrato, come gli organizzatori, mi riempie il cuore di gioia”. Ricorda Capiozzo: “Il festival era ancora giovane, ma attento e partecipe. Il Cala Gonone Jazz è conosciuto in tutta Italia, e voi  siete qui a una manifestazione storica che ha portato sempre qualità eccelsa. Qui sono passati tanti nomi importantissimi, ma ciò che mi auguro e che il festival si merita, è di poter continuare a crescere”.

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Salvatore