Cinema in lutto: è a 71 anni l’attore premio Oscar William Hurt

Il protagonista di tanti capolavori cinematografici William Hurt è morto pochi giorni prima del suo 72esimo compleanno, “serenamente in famiglia, per cause naturali”, ha annunciato uno dei suoi figli.

Premio Oscar per Il bacio della donna ragno nel 1986, era stato candidato di nuovo alla statuetta nel 1987 per Figli di un dio minore di Randa Haines, nel 1988 per Dentro la notizia di James L. Brooks e nel 2006 per A History of violence di David Cronenberg. Era stato candidato anche ai Tony Award nel 1985 per Hurlyburly e due volte agli Emmy, nel 2009 per la serie Damages e nel 2011 per il film tv Too Big to FailIl crollo dei giganti.

Nato a Washington nel 1950, la sua è stata una una vita professionale turbata da abusi fisici, l’uso di droga non hanno impedito all’attore una carriera folgorante, baciata dal successo fin dalla prima interpretazione, Stati di allucinazione del 1980.

Subito candidato al Golden Globe come miglior attore emergente, Hurt deve l’immediata conferma un anno dopo a un altro regista inglese, Peter Yates che in Uno scomodo testimone. Nello stesso 1981 incontra Lawrence Kasdan che ne fa il protagonista del noir Brivido caldo. Sul set attore e regista sviluppano un’intesa artistica che è anche autentica amicizia tanto che faranno “coppia fissa” altre quattro volte, da Il grande freddo dell’83 a  Figli di un dio minore (1986), da Turista per caso (1988) a T’amerò fino ad ammazzarti (1990).

Il successo si rinnova col thriller Gorky Park di Michael Apted (1993), e poi con il premio Oscar come miglior attore per Il bacio della donna ragno  di Hector Babenco (1985) dal claustrofobico romanzo di Manuel Puig. Segue Alice di Woody Allen e Fino alla fine del mondo di Wim Wenders (” del ’91) fino a Smoke di Wayne Wang del 1995 in cui incarna lo scrittore Paul Benjamin che racconta le storie del suo amico Auggie, gestore di una tabaccheria, uomo semplice dal cuor d’oro. Nel 1996 William Hurt viene scelto da Franco Zeffirelli per uno dei suoi più ambiziosi progetti internazionali: è il disperato Signor Rochester di Jane Eyre dal romanzo di Charlotte Bronte

Ma è anche l’inizio di una nuova fase nella carriera dell’attore, talvolta tentato da incursioni nel più classico cinema autoriale (Un divano a New York di Chantal Akerman), talaltra piegato a partecipazioni di maniera (Lost in Space di Stephen Hopkins). Finché nel 2001 si ricorda di lui Steven Spielberg per uno dei suoi film più ambiziosi e meno considerati, A.I. – Intelligenza artificiale“. Seguiranno alcune collaborazioni maiuscole come History of Violence di David Cronenberg (2005), The Good Shepherd di Robert De Niro (2006), Into the Wild di Sean Penn.

Gli ultimi fuochi della sua luminosa carriera coincidono con la disponibilità a vestire i panni del comprimario in più di un “giocattolone” alimentato dal mito dei supereroi dentro e fuori dal mondo Marvel. Così è stato anche di recente per “Black Widow” o il militaresco “Era mio figlio” di Todd Robinson in cui ha diviso il set con Peter Fonda al suo “ultimo hurrah”. Tra pochi mesi avrebbe dovuto opporsi all’incredibile Hulk in una ennesima variante del fumetto fatto cinema, ma la sua ultima interpretazione resterà quella del Pere La Chaise ne “La figlia del re”, drammone storico con Pierce Brosnan nei panni de Re Sole. Resta quindi il rimpianto per un interprete veramente multiforme, ma che da troppo tempo aveva mandato in soffitta il fuoco segreto del suo talento.

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Salvatore