Bacio gay in abito tradizionale e strumentalizzazione elettorale. Nicola Mette: “inventai questo messaggio nel 2012”

Il bacio gay tra due giovani uomini in abito tradizionale sardo in un manifesto per le comunali a Nuoro (in programma il 25 e 26 ottobre) coglie nel segno rimbalzando sulla stampa, che abbocca e, da una parte scatena polemiche ma dall’altra sortisce l’effetto e fa promozione indiretta.

È un’immagine provocatoria quella scelta da una delle liste candidate, come sottolinea il messaggio, che fa altrettanto discutere: “Orgogliosi delle nostre tradizioni, orgogliosi della nostra diversità“. E ancora: “Non bastano delle leggi contro un fenomeno già sviluppato servono soluzioni radicali. L’omofobia è un problema cittadino“.

Un’idea però che non è nuova: appartiene all’artista e performer Nicola Mette da sempre impegnato nella lotta all’omofobia che nel 2012, a Sindia, organizzò la performance “Libertade, paritade, sessualitade“.

Una performance di Nicola Mette

Mette, vittima egli stesso di discriminazioni, è stato preso in giro con scritte davanti a casa sua e all’entrata del suo paese di origine. Qualcuno scrisse: “Sei la vergogna del paese. Gay” e da questo la sua performance trasse ispirazione.

“Nicola Mette gioca col folclore devozionale e fa sfilare uomini e donne abbigliati con i costumi sardi popolari, Ma c’è un ma… La processione appare subito anomala, contaminata; qualcosa, nel corteo tradizionale rivela un’inversione dei ruoli: i vestiti femminili sono, infatti, indossati dagli uomini e quelli maschili, viceversa, sono ostentati dalle donne. I personaggi sono gli stessi ma la loro identità non è più un dato certo e si apre alla scelta individuale: l’appartenenza di genere, cioè, non è più disciplinata da regole precostituite, spesso obbligate e imposte sulla pelle di chi vorrebbe fare ed essere altro. Nessuna ricerca di scandalo nella sua performance, né trattazioni su perversioni o piani di carnalità ma un’operazione incentrata sui ruoli e le preferenze sessuali che, attraverso l’abitare un costume funzionale all’affermazione ben definita della sessualità, ma anche al ruolo sociale connesso, suggerisce una verosimile limitazione della libertà (libertade), dell’uguaglianza (paridade) e, appunto, della sessualidade. Inevitabile è stato lo scoperchiamento di un vaso di Pandora che ha svelato moralismi e conformismo” scrive in proposito la giornalista Barbara Martusciello.

Una performance di Nicola Mette

E a proposito del manifesto elettorale Mette commenta: «Non è tanto il bacio ma l’aver utilizzato l’abito tradizionale sardo per la loro propaganda politica che, comunque, inequivocabilmente richiama mia la mia performance»; poi aggiunge: «la trovo una strategia di marketing elettorale che sminuisce invece un messaggio importante per una categoria come quella omossessuale che avrebbe invece bisogno di “politici” che facciano queste azioni una volta eletti e non per guadagnare voti».

Sull’argomento è intervenuto anche il vignettista nuorese Raffaele Pikereddu (PIK) il quale nega il fatto che Nuoro non sia una città omofoba e la butta sull’ironico con una vignetta incentrata sui tempi di più scottante attualità a tema sanitario: “Omofobia – recita un uomo con la birra in mano e la pancetta – ma chie bos cacande? Pèssae a serbàre Oncologia prus a prestu”.

Omofobia, la vignetta di PIK

«La Sanità è un argomento in questi giorni di grande attualità per la paventata possibilità del trasferimento del reparto Oncologico dal San Francesco allo Zonchello, su questo i nostri politici  o aspiranti tali si dovrebbero concentrare» dice Piquereddu.

Il dibattito sul manifesto ovviamente si è scatenato specialmente sui social dove l’immagine è circolata in modo virale; e sui social interviene anche Fabrizio Biosa, il 20enne nuorese nella lista Giovani democratici che ha ispirato il manifesto: “Faccio parte della comunità LGBTQ+ e credo che oltre ad averne diritto ho anche il dovere di parlarne – scrive su Facebook – Questo è uno dei tanti motivi per il quale ho deciso di candidarmi con loro. Abbiamo e ho, in prima persona, usato la parola diversità perché bisogna chiamare le cose con il proprio nome. Alcune diversità sono meno accettate di altre e io vengo trattato e considerato in maniera diversa rispetto a un eterosessuale”.

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Sonia