ISRE. “L’estate di Gino”: non aver paura degli altri: questa cosa si chiama amore

Salvatore

ISRE. “L’estate di Gino”: non aver paura degli altri: questa cosa si chiama amore

mercoledì 09 Ottobre 2019 - 17:35
ISRE. “L’estate di Gino”: non aver paura degli altri: questa cosa si chiama amore

Un frame dal film "L'estate di Gino"

Il sole che filtra dalle fronde degli alberi, le onde che si infrangono accarezzando la riva, padre e figlio per mano.

Inizia così il docufilm L’estate di Gino, del regista Fabio Martina, proiettato questa mattina all’Auditorium ISRE Giovanni Lilliu.

ISRE. La presentazione del film

ISRE. La presentazione del film “L’estate di Gino”

È la storia di un padre, don Gino Rigoldi, e di una vacanza con i suoi “figli” in Sardegna.

Ragazzi che guardano l’orizzonte e forse iniziano a scorgere un futuro. Sono giorni di quotidianità, quella di un papà, che, anche se non biologico, sveglia i suoi figli per affrontare il nuovo giorno. La colazione, il giornale, i riti quasi scontati che hanno il sapore della bellezza e della cura paterna. Emerge, chiarissimo, il dualismo luce /ombra, sofferenza e gioia che danzano sfiorandosi, con le difficoltà e le problematiche di questi giovani che guardano con nuova fiducia al domani.

L’incoraggiamento di Don Gino, dentro e fuori dalle sbarre, non è stucchevole: è frutto di un lavoro costante, di interazione, di educazione. Si stenta a credere che quell’energia provenga da un solo uomo; è la celebrazione della parte bella dell’uomo, quella che accoglie, quella che non ha paura dell’altro e tende la mano.

ISRE. La presentazione del film

ISRE. La presentazione del film “L’estate di Gino”

«Il padre – afferma don Rigoldi nel film – è una fantasia del passato per la maggior parte di loro, che hanno bisogno solo di qualcuno che gli dia valore e li ascolti, poi si parte. La cosa bellissima è quando poi li vedi camminare con le loro gambe!».

«È un film che che racconta la paternità. Don Rigoldi è un eroe dei nostri tempi – spiega Fabio Martina – che accoglie nella sua cascina, a casa sua le fasce deboli. Questo film nasce come risposta ad un film precedente, dove dei ragazzi picchiano, esercitano una violenza irrazionale: uno spaccato di ragazzi senza padre. Volevo capire se l’atto di violenza è qualcosa di inspiegabile e ho incontrato don Gino. Nel mio film precedente ha fatto la parte di un clochard ed abbiamo capito di voler fare qualcosa insieme. Era in partenza e l’ho seguito in Sardegna».

L’insegnamento di don Gino è attualissimo e sintetizzabile in una scena in cui afferma: «Non aver paura degli altri: questa cosa si chiama amore».

F.Becchere

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