La Sardegna di Guido Guidi: uno sguardo libero da stereotipi – VIDEO

“Guido Guidi – In Sardegna: 1974, 2011” è il titolo della mostra inaugurata venerdì al MAN di Nuoro (e visitabile fino al 20 ottobre 2019). Curato da Irina Zucca Alessandrelli e coprodotto dal MAN in collaborazione con ISRE, è il primo grande allestimento in un museo italiano dedicato a Guido Guidi, uno dei più importanti protagonisti della fotografia italiana del secondo dopoguerra.

250 fotografie inedite testimoniano la relazione di Guido Guidi con il territorio sardo, ripreso una prima volta nel 1974, in occasione del suo viaggio di nozze, e poi nel 2011, quando torna su incarico dell’Istituto Superiore Regionale Etnografico. Da una parte un racconto antropologico e paesaggistico dei cambiamenti occorsi nell’isola nel corso di quattro tempi e dall’altra un percorso di ricerca sul mezzo della fotografia. Volti e tracce di presenze umane ma anche, strade sterrate e specchi d’acqua, diventano soggetti di una storia senza protagonisti che si trovano nell’incontro con l’obiettivo fotografico.

«Nel ’74 ho fotografato con una Nikon F e un ottica grandangolare – mi racconta Guidi a fine serata, spiegando le didascalie delle foto in mostra (ristampate dall’artista per la mostra), in cui sono indicate le misure delle stampe originali (e non quelle dei negativi, come invece può sembrare)».

Il convegno su Guido Guidi all’ISRE (foto S.Novellu)

A corollario della mostra, ieri mattina, nei locali dell’auditorium dell’ISRE, si è tenuto un incontro che ha visto la presenza dello stesso Guidi, della curatrice della mostra, del professore di fotografia contemporanea Antonello Frongia, dello scrittore Marcello Fois, del direttore del MAN Luigi Fassi e dell’editore del catalogo Michael Mack.

«Quando viene in Sardegna, nel 1974 – spiega Frongia – Guidi ricerca un paesaggio originario e incontaminato, e lo trova, ma non lo rispetta, lo deforma col suo obiettivo, a dispetto del suo dichiarato ispirarsi al Rinascimento e alla fotografia dei grandi maestri, da Atget a Walker Evans, passando per Paul Strand».

Le sue immagini sarde, in parte eseguite nel solco della documentazione del paesaggio italiano operata dall’amico Luigi Ghirri  (che ha preso forma nel suo ampio e introvabile catalogo sull’argomento, in cui ha inserito anche una delle immagini di Guidi), in parte ispirate a quelle di Walker Evans (e della Farm Security Administration) nell’America del secondo Dopoguerra, potrebbero essere state realizzate ovunque nell’Italia degli anni Settanta.

Il professor Antonello Frongia (foto S.Novellu)

«Nel passaggio al colore – sottolinea Frongia – mantenuto sempre sui toni tenui, il discorso si fa ancora più chiaro: gli intonaci sbrecciati, le facciate incompiute, i dettagli degli ambienti domestici, dei portoni, delle serrande che fotografa in Sardegna, potrebbero essere ovunque nell’Italia di quegli anni, e non solo. Guidi inizia a lavorare con una fotocamera di grandi dimensioni, che necessità di grande cura nella costruzione dell’immagine, che abbandonerà presto per passare al piccolo formato, molto più immediato. Questo passaggio corrisponde anche a una modifica dell’inquadratura, che da orizzontale si fa verticale». in seguito, soprattuto col colore, il grande formato torna a essere è il preferito, per la ricchezza di dettagli che restituisce.

Guidi, inoltre, nega “l’istante decisivo” di Cartier-Bresson, osservando che il soggetto dev’essere letto da più angolazioni, e se serve ripetuto, come fece anche Evans: la serialità diventa così cifra del suo lavoro. Nel ritratto ad esempio, ricorrono i multipli. La figura umana, poi, che a volte appare casualmente o parzialmente nell’inquadratura, piano piano inizia a prendere forma anche nelle architetture, in cui lui rileva tracce di antropomorfismo.

Lo scrittore Marcello Fois (© foto S.Novellu)

Più poetica la lettura del repertorio di Guidi proposta da Marcello Fois: «I fotografi hanno l’onere di condensare in uno scatto quello che sono e quello che sono stati. Noi siamo incapaci di gioire della nostra rappresentazione, difficilmente ci piacciamo nelle foto che ci ritraggono, e questa è una costante di autocoscienza, una costante che è ancora più forte in noi sardi. Molti fotografie e artisti sono passati in Sardegna prima di Guidi, in gran parte sguardi compiacenti che ricercavano e ricostruivano una Sardegna e delle tradizioni scomparse da tempo. Le sue immagini, invece, sottolineano che in Sardegna ormai non c’è più specifica specificità come si poteva intendere allora: i giovani, le strade, le case, i paesaggi animati dalle automobili, non sembrano avere nulla di sardo, ma sembrano essere universali, essere stati ritratti ovunque. Lui ci ha ritratti come ci ha visti e quindi come siamo, non come avremmo voluto vederci. Eppure, riguardandoci oggi, riscopriamo che quello che eravamo, e comprendiamo che questo passaggio alla modernità non è stato poi così drastico ma molto graduale. Oggi, che ogni specificità si è definitivamente persa e ci siamo appiattiti del tutto, questi scatti sono doppiamente importanti, perché conservano traccia di quella specificità che ancora c’era».

L’editore londinese Michael Mack (© foto S.Novellu)

Michael Mack, londinese, editore del catalogo della mostra, chiude l’incontro raccontando la propria attività e degli sforzi fatti per rendere nota nel mondo l’opera di Guidi, attraverso varie pubblicazioni di pregio. «I tanti fotografi che incontro non sono consapevoli della duttilità del mezzo fotografico, con Guido è diverso. Il vantaggio di lavorare con Guido è che lui fotografa nell’ottica del libro e il suo immenso archivio, in questo senso è di valore inestimabile».

Le immagini di Guido Guidi all’ISRE di Nuoro

Guido Guidi (Cesena 1941). Nel 1959 è un Venezia, con studia architettura e disegno industriale allo IUAV, con Bruno Zevi, Carlo Scarpa, Bruno Munari, Luigi Veronesi e Italo Zannier. Pochi anni dopo inizia a occuparsi di fotografia in maniera stabile, rivolgendo la sua ricerca ai temi del paesaggio contemporaneo e delle sue trasformazioni, sia attraverso indagini personali sviluppate nel corso del tempo, sia attraverso la partecipazione a progetti di territorio avviati da enti pubblici e di ricerca.

Il fotografo Guido Guidi al MAN di Nuoro (© foto S.Novellu)

Negli anni Ottanta è chiamato a partecipare a progetti di ricerca sulla trasformazione della città e del territorio, tra le quali si ricordano l’indagine sulla città diffusa del Veneto compresa tra Venezia, Padova e Treviso (dal 1982), l’Archivio dello Spazio della Provincia di Milano (1991), le indagini sull’edilizia pubblica dell’INA-Casa (1999), quelle per Atlante Italiano (a cura della Direzione Generale per l’Architettura e l’Arte Contemporanea, 2003) e la campagna fotografica per la regione Marche (2009).
Dal 1986 all’Accademia di Belle Arti di Ravenna, dal 2001 allo IUAV di Venezia e dal 2009 all’ISIA di Urbino. Ha esposto in prestigiose istituzioni italiane e internazionali quali la Fondazione Cartier-Bresson di Parigi, la Biennale di Venezia, il Canadian Centre for Architecture di Montreal, il Guggenheim Museum e il Whitney Museum di New York, il Centre Georges Pompidou di Parigi e il Fotomuseum di Winterthur.

Salvatore Novellu – Tutti i diritti riservati

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Salvatore