Orosei. Tra Fede e Mistero: gli antichi riti della liturgia e paraliturgia della Settimana Santa che culminano con S’Incontru

Tra gli antichi riti della liturgia e paraliturgia che precedono la Pasqua in Sardegna, Sa chita Santa di Orosei (le cui origini risalgono a circa quattro secoli fa) è indubbiamente tra quelli che in Sardegna segnalano il costante interesse del centro baroniese alle antiche tradizioni. Un saldo legame con il passato che ha segnato profondamente la storia della comunità alle foci del Cedrino.

La Settimana Santa, Il più importante periodo liturgico della Chiesa, a Orosei viene da sempre vissuta attraverso una sequenza di riti liturgici e paraliturgici che rievocano Passione, Morte e Resurrezione di Cristo, che nel tempo hanno mantenuto immutato l’antico fascino, soprattutto grazie al forte attaccamento radicato nelle locali Confraternite di Santa Croce, del Rosario e delle Anime, ancora operanti nella comunità oroseina, insieme a un discreto numero di affiliati e praticanti, che ininterrottamente portano avanti la tradizione senza stravolgimenti di sorta a scopo esclusivamente turistico, ma anzi come esempio ad altri centri dell’Isola, dove da decenni si era persa la memoria del rito e la continuità storica della tradizione. Nel centro baroniese alle foci del Cedrino, gli elementi che hanno determinato questa continuità storica, sono principalmente da ricondurre alla stratificazione sociale di un avvenimento e di un cerimoniale specifico che, come in altri pochi centri della Sardegna, non è mai venuto a mancare, vuoi per motivazioni di tipo antropologico vuoi per motivi storici, che hanno determinato un profondo radicamento nella memoria collettiva.

L’antica tradizione oroseina è mantenuta soprattutto grazie al costante impegno delle tre Confraternite locali, che risalgono al periodo che va a cavallo tra il XVI e il XVII secolo, un’epoca nella quale l’opera di proselitismo, sulla spinta del Concilio di Trento, da parte dei predicatori Domenicani e Gesuiti, aveva interessato quasi tutte le comunità religiose della Sardegna, con benefici di tipo culturale ed economico attraverso la creazione di associazioni laiche.

Dopo la celebrazione de Sas Rughes si entra nel vivo de Sa chita Santa, che ha inizio col cerimoniale liturgico e paraliturgico del Martedì Santo, con la processione dei Misteri, che porta i fedeli nel clima penitenziale e drammatico della Settimana Santa. Cinque statue di Tziomos (Ecce Homo), che rappresentano idealmente le sofferenze patite da Cristo nella settimana di Passione, vengono portate a braccia dai confratelli dei tre oratori in un percorso che, nei secoli passati prevedeva anche delle stazioni con predica in ognuna delle tappe previste dalla processione. La preghiera si alterna ai canti a cuncordu, eseguiti armonicamente da Sa voche, Sa mesu voche, Sa contra e Su bassu, che dettano e scandiscono i momenti della passione.

Il Giovedì Santo è dedicato alla prima giornata del Triduo, che prevede tre distinte cerimonie, de Su lavabus, la lavanda dei piedi che rievoca lo storico gesto che Cristo fece con i suoi Apostoli nel giorno dell’Ultima Cena. Nello otto chiese della cittadina intanto vengono allestiti Sos Sepurcros (i Sepolcri), composizioni floreali di grande effetto decorativo che presentano una grande esposizione di piatti contenenti Sos nènneres, alti steli fatti germogliare al buio e che, in passato, costituivano il principale addobbo degli stessi sepolcri. Alla fine della messa, le tre Confraternite si preparano per uscire in processione per Sa chirca, la visita ai sepolcri con due distinti cortei. I due cuncordu, di Santa Croce e del Rosario, intonano rispettivamente Sos gotzos de sa mama e Sos dolores, che la tradizione vuole scritti da Maurizio Carrus e Bonaventura Licheri nel XVII e XVIII secolo.

Lo Stabat Mater interpreta da Su Cuncordu di Orosei (voche: Giovanni Rosu; mesu voche: Paolo Burrai; contra: Martino Corimbi; bassu: Franco Sannai)

La mattina successiva del Venerdì Santo, vede impegnate Sas mandhatàrias (le consorelle) e Sos crofàrios (i confratelli) nella preparazione dei simulacri per la processione de S’Interru de Deus, con un cerimoniale che, rispetto a qualche anno fa non ha cambiato né i contenuti né la sostanza.

In questa cerimonia tre sono i momenti che scandiscono la giornata. Nel primo pomeriggio, il Priore di Santa Croce e alcuni confratelli de su Cussizu, si recano negli oratori del Rosario e delle Anime per invitare ufficialmente le due Confraternite a prendere parte alla processione, visto che il simulacro de S’addolorata, su brossolu e Sa Rughe manna, appartengono all’Oratorio di Santa Croce. Questa antica usanza è storicamente attestata in alcuni documenti risalenti al XVII° secolo, ci confermano come il tempo non abbia fermato una secolare tradizione. Sempre il Venerdì Santo durante la Messa pomeridiana, si celebra il rito di S’Iscavamentu, la deposizione di Cristo dalla Croce, rito che assume toni di alta drammaticità accompagnati dai canti dello Stabat Mater e del Miserere, a cui seguono quelli de Sos gotzos de pro tè peccadore. La cerimonia si chiude in chiesa con l’omaggio alla Vera Croce per fare poi seguito con il corteo delle Confraternite, delle Mandatarie e dei fedeli per raggiungere la chiesa di Santa Croce da dove in seguito partirà la processione de S’Interru, con il simulacro de S’Addolorata trasportato dai confratelli del Rosario, su brossolu, la lettiga col Cristo morto trasportato a spalle dai confratelli delle Anime e Sa rughe manna, la grande Croce che viene invece portata dai confratelli di Santa Croce.

Segue la processione per il centro storico segnata da tappe prestabilite, Sas pasatas, mentre su cuncordu intona un’ottava dei Gotzos de s’Interru. Dopo circa due ore la processione fa il suo ingresso nella chiesa di Santa Croce e, con la distribuzione di mazzetti di fiori selvatici benedetti, si conclude la giornata.

Orosei, un momento de S’Incontru

Il giorno di Pasqua è caratterizzato dalla processione de S’Incontru, l’incontro tra il Cristo Risorto e sua Madre Maria. La cerimonia vede qui le Confraternite di Santa Croce e del Rosario nella funzione di “attori sul campo” in una manifestazione scenica di grande e suggestivo effetto con il canto del Regina Coeli e del Magnificat. Due processioni si incontrano davanti alla chiesa Parrocchiale di San Giacomo, una recante il simulacro del Cristo risorto e l’altra con Maria riccamente vestita a festa ad annunciare la Resurrezione del Figlio. I due simulacri si incontrano dopo aver effettuato tre inchini di rito. Il tutto in una solenne cerimonia che si distingue per la ricchezza e la varietà dei motivi musicali che determina la solennità de Sa Pasca manna.

Michele Pintore

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Sonia