Madrid, Anno Domini 1737: “Prove tecniche” per inviare a Nuoro s’Arrendadore

Sonia

Madrid, Anno Domini 1737: “Prove tecniche” per inviare a Nuoro s’Arrendadore

sabato 03 Settembre 2016 - 16:11
Madrid, Anno Domini 1737: “Prove tecniche” per inviare a Nuoro s’Arrendadore

Mario Delitala, bozzetto per "La cacciata"

Ecco l’antefatto che 35 anni dopo, nel 1772, porterà alla cacciata dell’esattore delle tasse feudali Mureddu, inviato dal Marchese di Orani che risiedeva in Spagna.

Da un antico manoscritto recentemente ritrovato risulta che già nel 1737, da Madrid, l’allora V Marchese di Orani don Isidro Fadrique de Hìjar (anticipando di 35 anni l’invio dell’arrendadore), avesse chiesto al suo fiduciario del feudo di Orani, residente a Nuoro, di essere informato su quanto producevano i vassalli che facevano parte suo marchesato. Trentacinque anni più tardi infatti, nel gennaio del 1772, suo nipote Don Pedro Fernàndez de Hìjar, VII Marchese di Orani, inviava a Nuoro s’arrendadore dott. Antonio Mureddu di Fonni.

Il primo giorno di gennaio dell’anno 1772 si riuniva a Nuoro il primo Consiglio Comunitativo

(Consiglio Comunale) della storia: ne facevano parte 7 Consiglieri, nelle persone di Don Antonio Francesco Nieddu del Sardo (che assunse la carica di Sindaco) e Francesco Ignazio Pirella – Nieddu come Consiglieri di prima classe; Alessio Pirella – Carta e i notai Giuseppe Spano – Manca e Salvatore Conchedda – Satta come Consiglieri di seconda classe; per la carica di Consiglieri di terza classe furono nominati Giuseppe Ruiu – Buesca e Ventura Guiso – Floris, mentre la carica di Segretario fu affidata al Notaio Carlo Spanu.

Sin dalle prime sedute, il nuovo Consiglio si trovò ad affrontare difficili problemi finanziari dal momento che, ad appena sei giorni dal suo insediamento, alla porta della residenza comunale (che al periodo aveva sede nella stessa abitazione del Sindaco Nieddu del Sardo in via Majore), si presentò l’arrendadore (esattore) dott. Giovanni Antonio Mureddu di Fonni, incaricato di riscuotere le tasse per conto del feudatario titolare del marchesato di Orani (di cui anche Nuoro faceva parte). Il balzello riguardava la richiesta d’imposizione di tasse sulle vigne e gli alveari del feudo. Forte e decisa fu la risposta del Sindaco e dei Consiglieri nei confronti dell’arrendadore e dello stesso Marchese, con la replica: «No se permita el abuso de ninguna nueva imposicion y nuevo pecho né el arrendador né el mismo Marques».

Delibera del Consiglio 6 gennaio 1772

Delibera del Consiglio 6 gennaio 1772

In buona sostanza, si chiedeva al Marchese e al suo esattore fiscale, di non permettersi di aggravare ulteriormente la popolazione con nuove tasse. La Sardegna, allora sotto la dominazione di Casa Savoia da 52 anni (17 febbraio 1720), infatti, nel rispetto degli accordi fiscali pattuiti con la Corona di Spagna, continuava a versare i tributi ai vari titolari dei feudi ancora presenti nell’Isola. La villa di Nuoro, e tutto il feudo del Marchesato di Orani, era allora possesso della famiglia De Silva Fernàndez de Hìjar.

A inviare l’arrendadore a Nuoro quel gennaio del 1772 era stato l’allora titolare del feudo, Don Pedro de Alcàntara de Silva Fernandez de Hìjar Portugal Y Portocarrero (nato nel 1741 e deceduto nel 1808), VII Marchese di Orani. Don Pedro era figlio di Don Joaquìn Diego de Silva de Hìjar de Portugal Y Portocarrero (nato nel 1721 e deceduto nel 1758), VI Marchese di Orani.

L’episodio avvenuto quel 1772, risulta che non fu tuttavia un fatto isolato, dal momento che recentemente presso un archivio privato nuorese è venuto alla luce un importante documento manoscritto, dove risulta che 35 anni prima, l’allora Marchese di Orani Don Isidro Fadrique de Silva de Hìjar Y Portugal (nato nel 1690 e deceduto nel 1749), V Marchese di Orani (padre di Don Joaquin Diego e nonno del Don Pedro che inviò a Nuoro l’arrendadore Mureddu) aveva già inviato nel 1737 da Madrid tramite la Marchesa sua moglie Doña Prudenciana, al suo fiduciario nel marchesato di Orani, Cav. Don Giovanni Nieddu di Nuoro, una richiesta per “sondare” sulla consistenza patrimoniale dei vassalli residenti nel suo feudo.

Lettera da Madrid del 1737

Lettera da Madrid del 1737

L’importante documento inviato da Madrid il 29 Giugno del 1737 dalla Marchesa di Orani Doña Prudenciana Portocarrero Y Funes de Villalpando (1696/1764), che al periodo amministrava il feudo per conto del marito Don Isidro Fadrique allora indisposto, riporta tra l’altro:

A Don Juan Nieddu Cavallero en mi Villa di Nuoro.

Por la indisposission del Duque està a mi cargo el govierno de mi contado…… me valgo de ti para me informes son mis estrado de este mi Reyno, que produsen, quantos vassallos los componen, sue calidades…..

Madrid y Iunis 29 de 1737

La Duq.sa de Hìjar y Marquesa de Orany

In sintesi, la Marchesa di Orani scriveva da Madrid il 29 Giugno del 1737 al suo fiduciario amministratore, Cav. Don Giovanni Nieddu della villa di Nuoro, per conto del Duca suo marito, al momento indisposto.  Nel documento comunicava di essere la responsabile del feudo, e avvalendosi della collaborazione del Nieddu, la Marchesa chiedeva di essere informata sullo stato del suo territorio feudale, cosa questo produceva e nonché la consistenza numerica dei vassalli e le loro qualità.

Per una strana coincidenza, l’allora Sindaco di Nuoro Don Antonio Nieddu del Sardo, che nel 1772 ricevette la visita dell’arrendadore inviato da Marchese Don Pedro, era nipote del Don Giovanni Nieddu, cui il Marchese Don Isidro Fadrique (tramite la Marchesa sua moglie) si era rivolto nel 1737 per essere informato sulla situazione dei vassalli del suo feudo.

Lo storico fatto dell’arrendadore nell’arte pittorica di Mario Delitala

Gli avvenimenti relativi ai fatti dell’arrendadore e alla forte e decisa risposta del Consiglio Comunitativo nuorese contro l’arroganza del Marchese di Orani e le sue insostenibili imposizioni feudali, rimasero nel tempo a ricordo di una pagina di storia nuorese simbolo di un momento di orgoglio e di riscatto sociale contro le oppressioni.

Nel 1924, l’Amministrazione Comunale di Nuoro bandì un concorso per la decorazione artistica della Sala consiliare del vecchio Municipio situato nel Corso Garibaldi, che secondo le indicazioni degli amministratori avrebbe dovuto contenere una grande tela con un dipinto celebrativo riguardante un’episodio di storia nuorese.

Il concorso fu vinto dal pittore oranese Mario Delitala, che nel 1926, dopo aver fatto accurate ricerche presso l’archivio comunale nuorese, scelse come episodio da rappresentare nella grande tela centrale, lo storico fatto dell’arrendadore accaduto 152 anni prima. Volendo ricostruire più fedelmente possibile l’avvenimento, l’artista, dopo aver preso l’impegno con l’Amministrazione comunale, chiese di poter conoscere il luogo dove quel lontano 6 gennaio del 1772 si svolse il Consiglio Comunitativo. Fu quindi accompagnato a visitare la parte sottostante del Palazzo Nieddu, dove al periodo dei fatti aveva sede il Comune di Nuoro (allora abitazione del Sindaco Don Antonio Nieddu – Del Sardo: attuale palazzo Nieddu di Corso Garbaldi – Bar Nuovo – ndr.) e in quel luogo decise di ambientare la scena (vedi foto d’apertura). Ambientata la scena nella ricostruita sala consiliare in un bozzetto preparatorio a carboncino, l’artista in seguito procedette a disegnare i numerosi personaggi che animano il dipinto.

G.Antonio Ticca, noto

G.Antonio Ticca, noto “Perchè”, che posò per l’arrendatore di Mario Delitala

Riguardo i personaggi, Mario Delitala si avvalse di numerosi studi preparatori e bozzetti presi dal vero, di vecchi cittadini nuoresi in costume tradizionale, come il caso di un anziano contadino nuorese, Giovanni Antonio Ticca, noto “Perché”, che posò per l’artista oranese per la figura dell’arrendadore. C’è da aggiungere, che nel bozzetto preparatorio l’artista dipinse il personaggio in costume fonnese (indubbiamente più attendibile per l’adattamento storico che intendeva realizzare – ndr.).

L’opera, ritenuta un capolavoro dell’arte sarda del Novecento, risultò una vera e propria galleria di ritratti, sapientemente scelti dall’artista per le loro espressioni di severità e di saggezza, ma anche per irruenza di carattere che fedelmente rappresentava la dignità e la fierezza di un popolo non disposto all’arroganza e ai soprusi dell’oppressore di turno.

Michele Pintore

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