L’apocalisse di Genova: ancora una decina i dispersi

Sonia

L’apocalisse di Genova: ancora una decina i dispersi

giovedì 16 Agosto 2018 - 16:27

Trenta metri d’asfalto sono piantati in mezzo al Polcevera come un monolite preistorico piovuto all’improvviso dal cielo (APPROFONDISCI), proprio sotto il camion blu e verde della catena Basko fermo sull’orlo dell’abisso, a dieci metri dal punto che separa la vita dalla morte. Attorno, due ruspe scavano con le benne tra i resti di tre tir da venti metri l’uno, accartocciati, spezzati: non ci crede più nessuno che tra quell’ammasso di lamiere, gomme e cavi imputriditi di gasolio possa esserci qualcuno ancora in vita ma è la speranza di trovarlo che spinge uomini che dal momento del crollo non si sono fermati mai a scavare ancora.

Genova si era svegliata sotto una pioggia pesante e compatta, che da queste parti non porta mai bene. Il boato che alle 11.50 del 14 agosto ha squarciato la città ha cancellato tutto: il cedimento del Ponte Morandi ha sommerso il rumore dei tuoni, i clacson delle auto incolonnate nel traffico di ferragosto, le mille voci di una città che ora guarda senza parole quello squarcio che si è aperto nel ventre di Sampierdarena. A poche centinaia di metri, verso il mare, c’è la zona dell’Italsider, dove c’era la cocheria e la gente apriva la finestra e toglieva la polvere di carbone.

Dall’altro lato, verso la collina, Bolzaneto e i ricordi brutti del G8. In mezzo il Polcevera, l’unico torrente di Genova che non è stato tombato. Quando piove non è lui a preoccupare, ma il Fereggiano, che i suoi morti li già fatti, o il Bisagno. “Io una cosa così non l’ho mai neanche pensata – dice il vigile del fuoco Alessandro Campora dopo aver passato 6 ore a scavare tra le macerie di quel che resta del ponte – Un viadotto come questo è costruito per non andare giù neanche se c’è un terremoto, come sia stato possibile davvero non lo so”.

Il ponte Morandi era lungo oltre un chilometro, con tre piloni di cemento armato a sostenerlo: son venuti giù più di duecento, trascinandosi appresso anche il pilone centrale. A guardarle ora, le travi di cemento spesse due metri spezzate e sbriciolate, con i tondini d’acciaio che spuntano contorti, vien da chiedersi come è stato possibile. Sul lato destro, quello che passa sopra la ferrovia, un intero pezzo di ponte lungo venti metri si è abbattuto tra i binari e una palazzina: là sotto c’è un cratere profondo 15 metri dove ci sono almeno una trentina di mezzi accartocciati. Nessuno sa quanta ancora gente ci sia dentro. I vigili del fuoco mandano dentro le sonde con le telecamere per cercare di capire come muoversi. «Forse non ci siamo capiti – racconta uno di loro – ti devi infilare lì dentro e con le mazze per spaccare il cemento e le cesoie idrauliche per tagliare i tondini. E’ un lavoro infernale».

A cinquanta metri di distanza, dall’altra parte della ferrovia, le case popolari di Sampierdarena sono state miracolosamente risparmiate. Condomini di cinque piani dove abitano centinaia di persone, italiani e immigrati. Marco è uno di quelli che vive sotto il ponte, alza gli occhi e guarda proprio sopra di lui il pezzo di cemento armato che è rimasto sospeso, attaccato ai tiranti d’acciaio. «Cosa ho sentito? Sembrava stesse crollando il mondo» Al momento sono 38 i morti accertati nel crollo del ponte Morandi e non 39 come precedentemente detto. I feriti sono 15 di cui 9 in codice rosso. Infine il Procuratore capo Cozzi fa sapere che «ci potrebbero essere ancora 10-20 persone disperse».
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