S.Antonio Abate. Anche quest’anno si è rinnovato l’antico rito pagano de “Su fogulone”.

Salvatore

S.Antonio Abate. Anche quest’anno si è rinnovato l’antico rito pagano de “Su fogulone”.

venerdì 19 Gennaio 2018 - 19:00
S.Antonio Abate. Anche quest’anno si è rinnovato l’antico rito pagano de “Su fogulone”.

Macomer, "Sa Tuva", il fuoco per S.Antonio Abate

A Macomer e in alcuni altri centri non lontani, il fuoco si chiama “Sa tuva”

Si è consumato in molti paesi della Sardegna l’antico rito del fuoco di Sant’Antonio. “Su fogulone“ come si chiama in quasi tutti i paesi, costituito da una catasta di legna che si accende il pomeriggio della vigilia e si fa festa intorno.

A Macomer, ed in alcuni altri centri non lontani, il fuoco però si chiama “Sa tuva”, appellativo che sta ad indicare un albero cavo. Un enorme albero cavo, come si vede nelle antiche fotografie, veniva acceso, (o viene se ancora si trovano), dal comitato, dopo la benedizione.

Il fuoco, secondo molti antropologi, non sarebbe altro che la riproposizione del calore solare, in termini augurali. Un rito di magia simpatica affinché il simile richiami il simile, ovvero, dopo l’inverno ritorni una annata calda e fertile. Non è difficile quindi intuire nel rito del fuoco di Sant’Antonio la sostituzione di un rito pagano, così come avveniva ad opera dei primi evangelizzatori della Sardegna, su ordine di Gregorio Magno. Non per niente Sant’Antonio abate è anche il protettore degli animali da cortile, per i quali è auspicata grande fertilità.

Nella “Tuva” però sono riscontrabili altri riferimenti rituali, ascrivibili al ciclo di morte e rinascita della natura. L’albero cavo potrebbe voler dire una natura che sta morendo per poi rinascere. Da un albero sono sorti l’egiziano Osiride o il più nostrano Adone, la cui morte si celebra ancora in Sardegna con “su nennere”, un grano pallido e stentoreo, che morirà presto. Tutti riti mutuati dai più antichi ancora di Dommuz e Innanna, madre terra e natura che rinasce, mesopotamici. Insomma la Sardegna anch’essa interessata da culti mediterranei.

Forse così anche il carnevale di Bosa. All’inizio delle annate, (come Sant’Antonio, che è scivolato per le variazioni del calendario), il cielo e la terra si confondono ed escono i morti. Ed ecco quindi che a Mamoiada o a Ottana escono le celebri maschere. I morti però escono anche nel Marghinei e così, ancora qualcosa si vede, anche a Macomer, con le facce dipinte di nero da “su tintieddu”. A Suni i ragazzi che portano la legna per “su fogulone” sono tutti dipinti di nero. Ma non abbiate paura. I morti sono benigni con gli uomini e portano il “frutto dei morti”, le fave. Mirabile frutto che congiunge con le radici gli inferi e sulla terra i baccelli, quasi femmine gravide.

Pier Gavino Vacca

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