Storie di donne nuoresi: a 51 anni andrò a lavorare in una gelateria in Canada

Sonia

Storie di donne nuoresi: a 51 anni andrò a lavorare in una gelateria in Canada

lunedì 16 Giugno 2014 - 13:04
Storie di donne nuoresi: a 51 anni andrò a lavorare in una gelateria in Canada

Emigrazione ieri e oggi

Emigrazione ieri e oggi

Emigrazione ieri e oggi

I dolori e le speranze di un’emigrante

Un fenomeno sempre più diffuso anche a Nuoro, l’emigrazione moderna (come se ce ne fosse una antica).

Atavico resta il bisogno di realizzarsi economicamente, a qualsiasi costo, anche quello di dover lasciare la casa dove si è vissuto da sempre e la città che ormai sembra essere diventata un rifugio di pensionati affranti dalle rughe di nostalgia per quei figli lontani. Grazia, nuorese, ha 51 anni, una discreta preparazione culturale e altrettante competenze. Oggi, tuttavia, questo non basta più, l’unica possibilità è quella di partire e realizzare altrove, lontano dalla Sardegna e dall’Italia, obiettivi e desideri, perché le over 35, anche se super specializzate, una volta espulse dal mercato del lavoro, difficilmente riescono a reinserirsi. Questo accade se non si è disposte a sottostare allo sfruttamento del lavoro femminile, che vede le ragazze straniere specialmente dell’est, (a volte preparatissime con la conoscenza anche di quattro lingue) ad accettare le mansioni più umili per quattro soldi e senza nessuna sicurezza previdenziale.

Un esempio concreto? A una donna rumena, per assistere ad una persona in ospedale, le hanno offerto venti euro a notte.

Grazia, sei il simbolo di tante persone che dicono basta e fanno le valigie della fortuna…

Esatto. La misura è davvero colma. Ho perso il conto di quanti curriculum vitae ho inviato, di quanti colloqui ho affrontato, di quante umiliazioni velate di false promesse ho dovuto subire. Questo è l’ennesimo tentativo, fiduciosa che prima o poi deve girare bene. Non taglio i ponti, la tecnologia mi aiuterà a mantenere i contatti e, appena posso tornerò in Sardegna, come molti, da turista.

Dove andrai esattamente, e come hai ottenuto il lavoro?

Vado a Vancouver, in Canada. Lontanissimo, lo so. Tremo un po’ ma mi sono informata bene e la qualità della vita in quel luogo sembra decisamente buona. Questo mi conforta, mi dà la forza di affrontare questa decisione. Nessun dramma, ma nemmeno il cinismo che può trasparire da una decisione così importante che comunque è stata presa ponderando tutto il possibile. Sono consapevole delle difficoltà, sono già stata all’estero per tempi più o meno lunghi. Ma erano vacanze studio, o periodi di ospitalità per migliorare la lingua, non una vera situazione lavorativa. Sarà un impatto differente. Sono stata assunta in una nota gelateria italiana, part time, poi frequenterò la scuola d’inglese, mi sono organizzata anche per fare volontariato con un’organizzazione umanitaria internazionale che s’impegna a favore dei bambini. Ho dei contatti da tempo, coltivati grazie ai social network, poi c’è anche uno studio personale che mi ha portata a contattare su internet varie aziende, associazioni culturali italiane all’estero, altri emigrati. Una verifica scrupolosa, quasi maniacale, voglio stare bene quindi non lascio niente al caso.

Che tipo di studi hai fatto?

Ho conseguito la maturità al Liceo Linguistico di Santu Lussurgiu, dopo un infelice impatto in un istituto tecnico a Nuoro. Non era la scuola adatta a me, ero più brava nelle materie umanistiche ma anche molto affascinata dalla storia dell’arte e sognavo (tra i tanti sogni di bambina) di fare l’architetto. Ma anche l’interprete. Ho avuto un crollo psicologico e fisico e in terza superiore e ho dato l’esame integrativo per passare al Liceo. Non è stato facile, perché essendo stata ferma per un periodo, comunque mi trovavo a 18 anni con ragazzini di due anni più piccoli di me. Non ho potuto frequentare l’Università, avevo bisogno – e voglia – di lavorare, di avere la mia indipendenza economica al più presto.

Tanti sogni. Ma concretamente poi com’è stato l’impatto col mondo del lavoro?

Un disastro. Sono passata da tre esperienze come commessa, sia pure in settori diversi, al lavoro in una fabbrica che poi è fallita. Io, con una forte integrità morale, ho cercato di fare sempre il mio dovere, mai scesa a compromessi per tenermi un lavoro. A volte mi sono sentita dare dell’ingenua, forse sono permalosa, di sicuro sono una persona perbene e non permetto a nessuno di calpestarmi. Da buona nuorese conservo l’indole pseudo-santupredina, nel senso che sono capace di difendermi anche se sono nata in un altro quartiere. Ma quella sono, mi comporto bene e mi devi rispettare. Punto. Mia madre ogni tanto mi definisce “una preda rumbulana” (un sasso che rotola): non perchè mi ritenga poco intelligente, ma perchè sono in movimento continuo, sembro senza pace, non metto radici se non sono sicura di stare bene.

Ti piace stare a Nuoro?

Sono tra quelle tante persone che non si lamentano a prescindere, che non c’è nulla, non puoi fare nulla. Nuoro non è una città morta, non culturalmente almeno. Se vuoi fare sport, hai diverse possibilità. Se vuoi cantare, o ballare, recitare, le occasioni le offre anche un piccolo centro come il nostro. Se pur piccolo, è fondato su attività agro-pastorali e sulle piccole-medie imprese, ovvio che la crisi tremenda che ha investito anche l’Italia abbia messo in ginocchio anche la nostra realtà. Se perdi un lavoro a 50 anni, non hai prospettiva di rimanere nel tuo paese d’origine. Non ci aiutano le leggi regionali, quei fantomatici incentivi alle assunzioni che illudono di agevolarti ma che persistono a creare precarietà. Anche le aziende, quelle che ancora riescono a reggersi in piedi, capisco la fatica che facciano. Spesso davvero non ti pagano di più perchè non possono, altrettanto spesso ci marciano e ti ricattano dietro la scusa: «se lo vuoi è così, altrimenti vai. Sai la fila che c’è dietro quella porta, di italiani e di stranieri, pronti a prendere il posto tuo? »

Allora si va via, con un filo di rabbia ma non con rassegnazione.

Hai fiducia nella politica per il futuro?

Devo ammettere di sì, ma è una fiducia recente. Per troppi anni ho creduto nell’abilità di un certo schieramento politico, pur non essendomi mai candidata. Al massimo ho fatto volantinaggio, sperando che la mia buona volontà venisse premiata almeno con qualche segnalazione di lavoro. Invece nulla, quando sono andata a bussare, la porta è rimasta chiusa. Adesso ho più fiducia, sembrerà strano visto che sono in partenza, ma voglio vedere il bicchiere mezzo pieno. Parto con un contratto di un anno rinnovabile, dipenderà da come mi trovo e da come si evolverà la situazione economica nel nostro paese: i contatti con l’Italia, la famiglia, gli amici, saranno continui. Tornerò in visita o per piantare radici di nuovo qui? Chi lo sa, dipende se ci metteranno nelle condizioni di tornare, a tutti quelli che sono o stanno per andare via in cerca di migliore fortuna. Io intanto imparo benel’inglese, il francese e pure il cinese (qui sono da due anni che cerco di frequentare un corso che non parte perché dal momento che non ci sono abbastanza iscritti) e l’informatica. Magari ottengo una borsa di studio e riesco a iscrivermi all’Università, quella che non ho voluto-potuto frequentare 30 anni fa.

Ti senti di dare un consiglio alle tante persone che come te stanno per emigrare o ci stanno pensando?

Dobbiamo avere fiducia in noi stessi, comportarci sempre onestamente dovunque andiamo. Determinazione, studio, onestà. Credo fortemente che la tenacia alla lunga paghi, come il rispetto delle regole e delle persone. Fate ricerche, verificate le fonti, non fidatevi troppo (in particolare di certi italiani falsi-generosi), imparate e dimostrate buona volontà. Niente tagli drastici, non partite per rabbia contro qualcosa o qualcuno, portatevi dietro ottimismo e non rancore. Prima di volare in Australia o negli Stati Uniti, o comunque molto lontano, informatevi attraverso conoscenze personali sul da farsi. Su internet verificate i permessi di lavoro e soggiorno e come ottenerli, evitate rischi inutili.

Contiamo su un tuo resoconto dal Canada, ci racconterai come sarà questa nuova esperienza di vita?

Certo, promesso!

Un’ultima domanda prima di salutarti: cosa porterai con te? Materialmente e dentro di te?

Sempre evitando di apparire cinica (davvero non lo sono) di sicuro il computer, la macchina fotografica. E appena arrivo compro un abbonamento internet e un cellulare. Comunicare è fondamentale, Skype sarà indispensabile.

Serenella Mele © Tutti i diritti riservati

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